Presentato il bilancio dell’iniziativa dell’Università di Udine “per sviluppare lo sviluppo sociale del territorio”, ha detto il rettore Pinton. Zanin: “Serve sforzo supplementare per affrontare la questione friulana”.
Più di 50 eventi pubblici e 36 collaborazioni con enti terzi, ma anche la maratona d’idee e il protocollo d’intesa per lo sviluppo di Udine come città universitaria, lo studio propedeutico al Piano per l’eliminazione delle barriere architettoniche nel capoluogo friulano, un portale per il riuso delle attrezzature dismesse.
Sono alcuni risultati ottenuti tra il 2017 e il 2021 da “Cantiere Friuli”, il progetto avviato cinque anni fa dall’Università di Udine coinvolgendo il territorio, per ascoltare il Friuli e stimolarlo con proposte, idee, workshop, seminari, analisi e studi.
Il bilancio della prima fase del progetto e le prospettive future (2022-2025) sono stati illustrati oggi a Udine. “Il progetto Cantiere Friuli, esperienza unica e originale del nostro ateneo – ha spiegato il rettore Roberto Pinton – è stato avviato nel 2017 nell’ambito delle iniziative con cui l’università ha ricordato i 40 anni dalla sua istituzione, sancita dalla legge nazionale sulla ricostruzione delle zone terremotate nel 1976. Attraverso una lettura in chiave restitutiva dello spirito che guidò allora la rinascita, l’obiettivo principale dell’Università è stato stimolare un nuovo sviluppo sociale, economico, ambientale, digitale e tecnologico”.
Mauro Pascolini, delegato del Rettore per Cantiere Friuli, ha presentato i risultati raggiunti nei primi quattro anni e le prospettive future. “Il progetto si è proposto al territorio come agenzia di sviluppo locale ed esempio di buone pratiche – ha affermato – e dal rapporto tra l’Università e il Friuli, tra saperi e competenze interni ed esterni all’Ateneo, sono nate azioni concrete e progettuali e numerose collaborazioni ancora in corso”.
Braccio operativo di Cantiere Friuli sono state le sue Officine, gruppi di lavoro con uno specifico ambito di analisi e di interazione. “Grazie all’interazione – ha aggiunto Pascolini – il progetto è diventato un “marchio di riconoscimento” dell’ateneo friulano, testimone e garante, anche per il futuro, della sua apertura al territorio”.
Secondo il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin, l’opera del Cantiere è stata importante ma serve – uno sforzo supplementare per affrontare “la questione friulana, ovvero la crisi di un territorio che un tempo era trainante ma da 15-20 anni non esercita più il suo ruolo di locomotiva”. “Cantiere Friuli è stato utile – ha affermato Zanin – e bisogna continuare, ma c’è anche qualche punto di debolezza – ha sottolineato – perché il tema di fondo da cui nasce questa iniziativa è il futuro del Friuli, che in un sistema regionale duale ha perso il suo ruolo trainante a causa della crisi del sistema manifatturiero. Dopo il patto del 2008 tra istituzioni e categorie molto si è parlato ma poco si è fatto, e se l’Università si è mossa altri sono rimasti fermi”.
Zanin si è detto disponibile anche a intervenire con ulteriori risorse economiche, “l’importante – ha aggiunto – è immaginare un nuovo modello economico-sociale, diffuso sul territorio anche grazie al telelavoro reso possibile dal digitale. Io immagino il Porto di Trieste e Monfalcone da una parte, e dall’altra una manifattura importante perché non possiamo limitarci a essere un’area di passaggio: la questione friulana interroga l’intera regione, se non la risolviamo tutti ci perderanno”.
Gli spunti di Zanin sono stati ripresi da molti intervenuti, a cominciare dal consigliere regionale Franco Iacop (Pd): “Ci impegniamo anche noi a sostenere questo lavoro. Cantiere Friuli non deve assumersi responsabilità politiche che non gli sono proprie, ma cercare di ridare dimensione politica a un territorio che stenta a trovarla. Bisogna insomma elaborare la ri-costruzione del Friuli”.
Nel commentare le parole del presidente, il sindaco di Udine Pietro Fontanini ha osservato che “oggi l’Università è rimasta l’unica realtà che rappresenta tutto il territorio friulano, da Gorizia a Udine a Pordenone. E il Cantiere, di cui la città di Udine ha beneficiato grazie a diversi progetti, è un’esperienza positiva che deve continuare”. Parole condivise da Ivan Buzzi, presidente regionale dell’Uncem e sindaco di Pontebba, e da Dino Feragotto di Confindustria.
Mario Pezzetta, già sindaco di Tavagnacco e presidente Anci, ha richiamato il patto tra istituzioni del 2008, “ancora attualissimo”, mentre Graziano Tilatti, presidente di Confartigianato, ha posto l’accento sulla crisi demografica – uno dei temi sviluppati dalle Officine – parlando di tremila giovani friulani che se ne vanno ogni anno, contro mille che ritornano:
“Così perderemo la classe dirigente – ha detto – e anche la digitalizzazione non serve a niente se non ci sono più persone”.
Gli interventi di Franco Colautti (Cisl), Pier Giorgio Sturlese (Montagna leader) e Alberto Pertoldi hanno chiuso un dibattito nel quale è emersa un’unica voce fuori dal coro, quella del professor Sandro Fabbro, che pure ha coordinato l’Officina sul capitale territoriale: “I 12 libri prodotti in questi anni sono utili, ma isolati. Mi chiedo se oggi, nel momento più buio del Friuli, il Cantiere abbia davvero contribuito allo sviluppo del territorio visto che la gran parte delle iniziative sono state prodotte tra il 2017 e il 2019 e il Cantiere è rimasto in silenzio nel periodo pandemico, senza dare indicazioni sul Pnrr:
ora è troppo tardi per farlo”.