Cautero (Libera): la criminalitàò organizzata cerca di insinuarsi in un tessuto economico che ora è più aggredibile a causa della crisi”
“Friulani, attenzione. È vero che qui le mafie non sparano, ma vengono a investire”. Lo ha detto oggi Francesco Cautero, referente provinciale di Udine dell’associazione Libera, nel corso di un incontro formativo organizzato dall’Osservatorio regionale antimafia presieduto da Michele Penta, a beneficio delle studentesse impegnate in uno stage nell’organismo di garanzia del Consiglio regionale. “La criminalità organizzata – ha proseguito Cautero – cerca di insinuarsi in un tessuto economico che ora è aggredibile a causa della crisi, utilizzando la grande liquidità economica di cui dispone”. Se è vero dunque che il Friuli-Venezia Giulia ha un tessuto sociale molto diverso da quello delle regioni del Sud dove sono nate alcune delle organizzazioni mafiose, “e dove si sa chi è il boss e si sa che andando contro quel potere si rischiano rappresaglie”, i sequestri di conti correnti a Trieste, gli appartamenti confiscati in Friuli, i latitanti della criminalità organizzata che trovano rifugio anche nella nostra regione e di tanto in tanto emergono dalle cronache, così come il recente caso dei 120 imprenditori del padovano finiti nelle mani di un clan, ci devono far capire “che il problema mafie riguarda anche il nostro territorio”.
Sono peraltro questi i motivi alla base della nascita di Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti nel 1995 e ormai ramificata in tutto il territorio nazionale. “Funzioniamo – ha spiegato l’ospite dell’incontro organizzato nella sede della Regione in via Prefettura a Udine – come una rete di associazioni, perché l’obiettivo è coinvolgere il più possibile la società civile. La lotta alla mafia è un impegno che non ha confini: anche prendersi cura dei ragazzi in un quartiere disagiato è fare antimafia perché la criminalità organizzata prospera laddove ci sono emergenze sociali e squilibri, dove dominano il liberismo sfrenato e la logica del profitto”.
Uno degli obiettivi dell’associazione – protagonista della raccolta di firme che portò alla legge del 1996 sul riutilizzo dei beni confiscati alle mafie – è dunque quello dell’educazione, con un’intensa attività nelle scuole: “Ogni anno portiamo decine di ragazzi del Friuli-Venezia Giulia in Campania, Sicilia, ma anche nel vicino Veneto, per lavorare sui beni confiscati”.
Con il passare degli anni, anche grazie alla nascita dell’Osservatorio antimafia – ha osservato ancora Cautero, rispondendo ad alcune domande delle studentesse universitarie – è aumentata la consapevolezza del rischio, specie da parte delle istituzioni, anche grazie al pubblico allarme lanciato dall’ex procuratore antimafia Carlo Mastelloni, “mentre molta gente è ancora convinta che gli anticorpi della società friulana siano sufficienti. Resta quindi ancora tanto lavoro da fare, specie sul riutilizzo dei beni confiscati”.
Giovedì prossimo, 3 marzo, l’Osservatorio organizzerà un nuovo incontro formativo con al centro la relazione di Antonio De Nicolo, procuratore distrettuale antimafia di Trieste.