In Cattedrale a Udine celebrata una S.Messa con gli immigrati cattolici
«Non dimentichiamoli. E non consideriamoli come degli invisibili, ma continuiamo a cercare forme possibili e intelligenti di accoglienza, ognuno per la sua parte». L’esortazione dell’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato risuona forte tra i banchi della Cattedrale, domenica 26 ottobre, nella Giornata mondiale del Migrante e del rifugiato, a Udine. Una S. Messa alla quale erano presenti, in modo particolare, le comunità degli immigrati cattolici del territorio diocesano. E proprio a loro si è rivolto l’Arcivescovo, ricordando il messaggio del Papa per la giornata, intitolato «Verso un “noi” sempre più grande».
«Cerchiamo di accogliere, nella Chiesa di Udine i fratelli e le sorelle cattolici che giungono da altri Paesi perché ci sentiamo realmente “uno in Cristo”, membra del suo unico Corpo che è la Chiesa», ha incoraggiato l’Arcivescovo. Non solo. Mons. Mazzocato ha ricordato l’atteggiamento «di fraterno dialogo» della Chiesa friulana con i fratelli immigrati ortodossi e aggiunto che il dialogo «si apre anche ai migranti e ai rifugiati di altre religioni, con lo sforzo, da parte nostra, di conoscere le loro tradizioni, e con l’invito a loro di comprendere la ricchezza della nostra tradizione cristiana con la sua dottrina, le sue preghiere e i suoi simboli che da secoli professiamo ed esprimiamo». Per questa strada – ha concluso mons. Mazzocato – possiamo creare quel “noi” comunitario auspicato da Papa Francesco.
Nel suo messaggio per la Giornata, il Santo Padre ricorda che «Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe ora quella di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di autoprotezione egoistica». «Voglia il cielo che alla fine non ci siano più “gli altri” – avverte il Papa–, ma solo un “noi”». Da qui il richiamo di mons. Mazzocato a «non dimenticare la spinta alla solidarietà che abbiamo avvertito e vissuto nei momenti più critici del contagio del virus». L’Arcivescovo invita ad una «grande conversione di mentalità, considerando le persone che entrano nella nostra vita e nel nostro territorio non come degli “altri” a noi estranei, ma come fratelli e sorelle con i quali costruire un “noi” comunitario».