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Cronaca

Ovaro. Ripulita l’area archeologica

I resti archeologici della chiesa di San Martino sono stati ripuliti dal fango portato dalla tempesta Vaia di ottobre

I lavori di recupero e di messa in sicurezza dell’area archeologica e della vasca battesimale della Chiesa di San Martino a Ovaro si sono conclusi in questi giorni con la completa asportazione del deposito alluvionale e il restauro preliminare dei resti archeologici che presentavano i maggiori problemi. 

Gli eccezionali eventi meteorologici che hanno interessato la nostra regione, e la Carnia in particolare, alla fine dell’ottobre 2018 avevano infatti determinato l’esondazione del torrente Degano che ha allagato tutta l’area dove sorge la chiesa di San Martino a Ovaro, e alcune case non distanti. L’alluvione ha trasportato fango e detriti vari, che hanno ricoperto completamente i resti dell’area archeologica e l’interno della chiesa, penetrando nel vano sotterraneo della vasca battesimale. La struttura di copertura dell’area archeologica ha comunque svolto la funzione di barriera di protezione dei resti esterni alla chiesa dalla grande massa di alberi abbattuti dal vento e trasportati dalle acque che si sono accumulati lungo il perimetro esterno. 

La Soprintendenza era intervenuta immediatamente alle ore successive l’evento con un primo sopralluogo della coordinatrice per le emergenze la dott.ssa Elisabetta Francescutti, Funzionario Storico dell’arte SABAP FVG, che ha provveduto ad allertare tempestivamente l’Unità di crisi del MiBAC. 

Si è reso quindi necessario un intervento urgente finalizzato alla pulizia con tecnica dello scavo stratigrafico, recupero, messa in sicurezza e preliminare restauro di quanto fosse visibile e fruibile al pubblico prima dell’alluvione. 

Considerata la situazione particolarmente delicata in cui si trovava il sito, l’intervento di recupero è stato affidato alla ditta specializzata nello scavo e nel restauro archeologico Malvestio Diego&C. snc di Concordia Sagittaria (VE), che ha realizzato la prima fase dei lavori lo scorso dicembre e nelle ultime settimane sotto il coordinamento del dott. Roberto Micheli, Funzionario archeologo della Soprintendenza. Non è stato infatti possibile affidare questo tipo di intervento ai volontari della Protezione civile o agli appassionati locali, in quanto i resti archeologici ricoperti dai depositi alluvionali necessitavano di tecniche adeguate di scavo stratigrafico e di restauro d’emergenza.

Il sito, tuttavia, necessita di ulteriori interventi di consolidamento e restauro delle murature antiche che non sono stati possibili realizzare in questa fase. Si auspica l’avvio di un progetto che consenta di disporre di un nuovo finanziamento per la conclusione dei lavori e il ripristino dell’area archeologica al suo stato originario prima dell’alluvione dell’ottobre scorso. 

La chiesa di San Martino e la zona circostante preservano un importantissimo complesso archeologico e architettonico paleocristiano (chiesa e battistero) di V sec. d.C. e i resti di altre evidenze archeologiche di età tardo antica (IV-V sec. d.C.) ed altomedievale (V-VIII sec. d.C.). 

La zona dove sono presenti i resti archeologici costituisce un’area archeologica visitabile coperta che si sviluppa su un basso e ampio terrazzo antistante il torrente Degano. I primi interventi archeologici si datano agli anni 1992-1993, quando lavori di consolidamento e di drenaggio misero in luce alcune sepolture di età altomedievale all’esterno della chiesa, mentre le opere di rinnovamento della pavimentazione dell’edificio consentirono di individuare la struttura poligonale del battistero. Indagini archeologiche estensive furono condotte tra il 2000 e il 2006, riportando alla luce un complesso archeologico di grande rilievo per il territorio della Carnia. 

Tale complesso comprende anche i resti di strutture murarie e pavimentazioni riferibili a una villa tardo romana, databile tra la fine del IV e l’inizio del V sec. d.C., a NE della chiesa attuale di San Martino. Nella prima parte del V sec. la località cambiò destinazione d’uso e venne realizzato un edificio con al centro la vasca battesimale, la cui forma esagonale rimanda chiaramente all’ambito culturale di Aquileia. Il complesso paleocristiano della basilica e del battistero ricopriva un’area di circa 450 metri quadrati, estensione che ne fa uno dei più grandiosi complessi battesimali rurali rinvenuti sino ad oggi in Italia.

I lavori di recupero e di messa in sicurezza dell’area archeologica e della vasca battesimale della Chiesa di San Martino a Ovaro si sono con la completa asportazione del deposito alluvionale e il restauro preliminare dei resti archeologici che presentavano i maggiori problemi.

Gli eccezionali eventi meteorologici che hanno interessato la nostra regione, e la Carnia in particolare, alla fine dell’ottobre 2018 avevano infatti determinato l’ che ha allagato tutta l’area dove sorge la chiesa di San Martino a Ovaro, e alcune case non distanti. L’alluvione ha trasportato fango e detriti vari, che hanno , penetrando nel vano sotterraneo della vasca battesimale. La struttura di copertura dell’area archeologica ha comunque svolto la funzione di barriera di protezione dei resti esterni alla chiesa dalla grande massa di alberi abbattuti dal vento e trasportati dalle acque che si sono accumulati lungo il perimetro esterno.

 

La Soprintendenza era intervenuta immediatamente alle ore successive l’evento con un della coordinatrice per le emergenze la dott.ssa Elisabetta Francescutti, Funzionario Storico dell’arte SABAP FVG, che ha provveduto ad allertare tempestivamente l’Unità di crisi del MiBAC.

Si è reso quindi necessario un finalizzato alla pulizia con tecnica dello scavo stratigrafico, recupero, messa in sicurezza e preliminare restauro di quanto fosse visibile e fruibile al pubblico prima dell’alluvione.

 

Considerata la situazione particolarmente delicata in cui si trovava il sito, l’intervento di recupero è stato affidato alla Malvestio Diego&C. snc di Concordia Sagittaria (VE), che ha realizzato la prima fase dei lavori lo scorso dicembre e nelle ultime settimane sotto il coordinamento del dott. Roberto Micheli, Funzionario archeologo della Soprintendenza. Non è stato infatti possibile affidare questo tipo di intervento ai volontari della Protezione civile o agli appassionati locali, in quanto i resti archeologici ricoperti dai depositi alluvionali necessitavano di tecniche adeguate di scavo stratigrafico e di restauro d’emergenza.

 

Il sito, tuttavia, necessita di di consolidamento e restauro delle murature antiche che non sono stati possibili realizzare in questa fase. Si auspica l’avvio di un progetto che consenta di disporre di un nuovo finanziamento per la conclusione dei lavori e il ripristino dell’area archeologica al suo stato originario prima dell’alluvione dell’ottobre scorso.

 

 

La chiesa di San Martino e l’area archeologica

 

La chiesa di San Martino e la zona circostante preservano un importantissimo complesso archeologico e architettonico paleocristiano (chiesa e battistero) di V sec. d.C. e i resti di altre evidenze archeologiche di età tardo antica (IV-V sec. d.C.) ed altomedievale (V-VIII sec. d.C.).

 

La zona dove sono presenti i resti archeologici costituisce un’area archeologica visitabile coperta che si sviluppa su un basso e ampio terrazzo antistante il torrente Degano. I si datano agli anni 1992-1993, quando lavori di consolidamento e di drenaggio misero in luce alcune all’esterno della chiesa, mentre le opere di rinnovamento della pavimentazione dell’edificio consentirono di individuare la struttura poligonale del . Indagini archeologiche estensive furono condotte tra il 2000 e il 2006, riportando alla luce un complesso archeologico di grande rilievo per il territorio della Carnia.

Tale complesso comprende anche i resti di strutture murarie e pavimentazioni riferibili a una , databile tra la fine del IV e l’inizio del V sec. d.C., a NE della chiesa attuale di San Martino. Nella prima parte del V sec. la località cambiò destinazione d’uso e venne realizzato un edificio con al centro la vasca battesimale, la cui forma esagonale rimanda chiaramente all’. Il complesso paleocristiano della e del battistero ricopriva un’area di circa 450 metri quadrati, estensione che ne fa uno dei più grandiosi complessi battesimali rurali rinvenuti sino ad oggi in Italia.

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