«Siamo pochi e deboli – ha evidenziato mons. Mazzocato -, ma dalla nostra abbiamo la potenza della croce» , che «ha sconvolto tutti criteri del buon senso e del calcolo umano» e che suscita «inaspettate energie che non dobbiamo pretendere di controllare con i nostri programmi e organizzazioni». No quindi «alla paura e alla rassegnazione».
«Pur essendo convinti» che «la costituzione delle collaborazioni pastorali e delle nuove foranie» è «la strada da percorrere» ed «il cammino che lo Spirito Santo ci sta indicando in questo tempo», «sento che essa suscita tra noi presbiteri, anche apprensioni, incertezze e, forse, qualche paura. Non ci sorprendiamo di queste reazioni (..). Umanamente è ben comprensibile che, guardandoci l’uno con l’altro, ci prenda l’impressione di essere troppo pochi e troppo deboli per guidare un le nostre comunità sul nuovo cammino che abbiamo delineato. E ci diciamo con sincerità che non si tratta solo di un’impressione; siamo veramente troppo deboli. Se ci misuriamo sul numero, sull’età, sulle capacità umane del nostro presbiterio, cominciando dal vescovo, l’impresa può fare veramente paura. Ma proprio questa nostra debolezza, che tocchiamo con mano, può e deve diventare un momento di grazia per rafforzare la nostra fede in Gesù e per contare sulla potenza dello Spirito Santo, più che nelle nostre forze. È l’occasione favorevole perché per primi noi, vescovi e presbiteri, riscopriamo come agisce la potenza di Dio la quale è entrata nel mondo in attraverso la debolezza di Gesù Cristo morto in croce e ha sconvolto tutti criteri del buon senso e del calcolo umano». Questo l’importante messaggio che l’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato ha voluto lanciare nell’omelia della Messa Crismale, celebrata questa mattina in Cattedrale.
«Questa potenza della Croce noi ce l’abbiamo ogni giorno tra le mani quando, celebrando l’eucaristia e ripetendo le parole potenti di Gesù, egli si rende presente realmente col suo corpo e sangue nel pane e nel vino consacrati – ha proseguito il Pastore della Chiesa Udinese -. Noi siamo stati consacrati per essere servi dell’onnipotente Carità di Cristo che agisce sconvolgendo ogni pretesa e forza umana. Egli può ancora rinnovare e far crescere la sua Chiesa di Udine attraverso la debolezza (la stoltezza, dice S. Paolo) della nostra predicazione e i fragili segni del pane e del vino eucaristico nei quali mangiamo realmente il suo corpo e sangue e siamo riempiti del suo Spirito».
Di qui un forte appello: «Permettete, allora, cari confratelli, che vi inviti ad andare avanti nel cammino futuro che prevede le collaborazioni pastorali e le nuove foranie senza impaurirci per la nostra debolezza. Sosteniamoci, invece, nella fede in Gesù Cristo il quale, con le poche risorse nostre e la potenza del suo Spirito, può rinnovare la Chiesa di Udine suscitando inaspettate energie che non dobbiamo pretendere di controllare con i nostri programmi e organizzazioni».
C’è un grande esempio evangelico che deve ispirare l’impegno nei prossimi mesi da parte del presbiterio e dei laici, ed è la «povera vedova che getta due spiccioli nel tesoro del tempio. Ad una valutazione umana erano quasi niente ma agli occhi di Gesù erano un vero tesoro perché quella donna aveva dato tutto». Allo stesso modo il Signore oggi in Friuli «non cerca superuomini come pastori per il futuro della nostra diocesi; cerca “povere vedove” che impegnano quel poco che hanno ma con gioia e generosità di cuore. Tutti posiamo dare un piccolo ma prezioso contributo, come ricordavo ieri ai cari confratelli della Fraternità sacerdotale. Essi possono gettare nel tesoro della nostra Chiesa il sacrificio di una carità purificata dalla sofferenza e dalla debolezza. Chiediamo allo Spirito Santo di donare il poco o il tanto che abbiamo con gioia e generosità, vincendo la tentazione di ritirarci per paura o rassegnazione. Chiediamo ancora la grazia di condividere tra noi la gioia e la generosità, volendoci bene e collaborando con umiltà, senza misurarci e giudicarci ma sostenendoci con pazienza fraterna gli uni con gli altri. Se tutto il nostro presbiterio seguirà questa strada spirituale, la nostra debolezza non ci spaventerà più. Anzi avremo la gioia di contemplare i frutti dell’opera dello Spirito Santo».
Forte appello dell’Arcivescovo al clero friulano nell’omelia della Messa Crismale