L’ultimo libro pubblicato da Domenico Zannier – «Cjavêi di Lûs. Capelli di Luce», uscito nel 2014, 12 mila versi divisi in 12 «Cernetes», ciascuna intitolata con nomi di pietre preziose – si apre con una toccante poesia di 19 endecasillabi, che dipinge una luminosa e serena immagine della vita dopo la morte: «Clàmimi, Diu».
Un’invocazione a Dio che diventa luminoso e sereno squarcio cosmico, carico di speranza, sulla vita oltre la morte. Saputa la notizia della morte di don Domenico Zannier, commuove leggere i 19 endecasillabi di «Clàmimi, Diu», la poesia, datata 20 febbraio 2010, con cui il sacerdote-poeta friulano aveva scelto di aprire la sua ultima raccolta poetica, «Cjavêi di Lûs», pubblicata nel 2014. L’invocazione, con cui inizia il componimento, è un potente sguardo che dal “pantan” del peccato porta il lettore tra le stelle e gli astri: «Clàmimi, Diu, pes steles e pai astris. Clamimi, o Diu difûr dal gno pantan. Clamimi al jessi che nol à mai fin». Anche se il sole tramonta, dice Zannier «la Luce non muore. Si nasconde a darti un abbraccio, là dove la vita vola con ali nuove»: «No mûr la Lûs. Si plate a dâti abrac, là ce la vite ‘e svuel cun ales gnoves». E l’invocazione finale diventa un augurio fiducioso: «Clàmimi, Diu, ch’o lusi in tal to cûr. Ch’e sei vite te Vite e jessi in Jessi».
La poesia con cui don Zannier aveva scelto di aprire il suo ultimo libro «Cjavêi di Lûs»