Forte il richiamo di mons. Brollo alla speranza che «di fronte a Dio non muore mai».
«Attraversare la “Porta santa” è un gesto simbolico, carico di significato, vuol dire andare al di là della posizione in cui si era un attimo prima. Questo vale per tutti, non solo per voi che vivete l’esperienza del carcere, perché ognuno di noi in qualche modo è in una condizione di miseria e di peccato e tutti abbiamo il desiderio di migliorare. Papa Francesco ci parla di misericordia. Ma quale? Quella più grande, quella che ci viene da colui che ci ha dato la vita, Dio. E se vi state dicendo: “Ma io ne ho combinate troppe per ricevere misericordia”, ricordatevi che per Dio non c’è un “troppo”, lui ama tutte le creature». Così l’Arcivescovo emerito, mons. Pietro Brollo, che stamattina, domenica 6 novembre, assieme a don Roberto Gabassi, parroco del Sacro Cuore, ha aperto, nella Casa circondariale di Udine, in via Spalato, la Porta della Misericordia, alla presenza di un centinaio di detenuti, del personale dell’istituto e di un nutrito gruppo di volontari. Anche a Udine dunque è stato celebrato, in comunione (e in contemporanea) con Papa Francesco, il Giubileo dei Carcerati, evento di questo Anno Santo della Misericordia voluto dal Santo Padre.
Forte il richiamo di mons. Brollo alla speranza che, ha sottolineato il presule, «di fronte a Dio non muore mai». E ha aggiunto: «Quante volte si sbaglia, oggi però abbiamo un’occasione particolare, quella di poter dire, tutti, “facciamo un passo avanti”. Passare questa porta vuol dire ricominciare, vuol dire chiedere di essere in cammino per costruire il nostro futuro». L’Arcivescovo ha poi invitato i detenuti a coltivare una vita spirituale interiore «ritmata dall’insegnamento di Gesù Cristo», perché ha evidenziato «Gesù ha detto di non essere venuto a giudicare, ma a salvare». «Ognuno di voi – ha concluso mons. Brollo – possa tirar fuori da sé stesso la sua radice di bene che, credetemi, è in ognuno, trovatela, aggrappatevi ad essa e sarete salvi».
Parole, quelle di mons. Brollo, idealmente legate a quelle pronunciate poco dopo da Papa Francesco in San Pietro, nella Santa Messa (seguita in diretta da Udine) celebrata alla presenza di oltre mille detenuti, tra cui anche Sandro e Roberto, due ospiti dell’istituto di via Spalato che, assieme al cappellano, don Dario Mesaglio, hanno vissuto questo importante momento giubilare. Oggi – ha spiegato infatti il Santo Padre – «celebriamo il Giubileo della Misericordia per voi e con voi, fratelli e sorelle carcerati». Ed è «con questa espressione dell’amore di Dio, la misericordia, che sentiamo il bisogno di confrontarci» perché anche se «il mancato rispetto della legge ha meritato la condanna; e la privazione della libertà è la forma più pesante della pena che si sconta, perché tocca la persona nel suo nucleo più intimo», nell’ottica del Vangelo, la speranza non può venire meno: «Una cosa, infatti – ha precisato Bergoglio -, è ciò che meritiamo per il male compiuto; altra cosa, invece, è il respiro della speranza, che non può essere soffocato da niente e da nessuno. Il nostro cuore sempre spera il bene; ne siamo debitori alla misericordia con la quale Dio ci viene incontro senza mai abbandonarci».
Nel corso della mattinata è stato letto anche il toccante messaggio di don Dario Mesaglio: «Due di voi adesso sono con me a Roma con il Papa. Rappresentiamo tutti voi. Su questo altare in piazza San Pietro (che state vedendo in tv) stiamo deponendo i vostri sogni, le vostre speranze, le vostre delusioni, i vostri limiti, le vostre delusioni, le vostre contraddizioni, i vostri talenti e le potenzialità di futuro che avete, ciascuno, dentro di voi».