Fu un fatto straordinario la visita di Madre Teresa a Udine, nel dicembre del 1981. E ancor più straordinario, per lei che era abituata a rifuggire da chiasso e pubblicità, il suo concedersi a domande. Per il settimanale della diocesi, “la Vita Cattolica” fece allora un’eccezione (nella foto, mons. Corgnali e la traduttrice durante l’intervista). «Una donna straordinaria – scrisse il direttore, don Duilio Corgnali, dopo quell’incontro (Madre Teresa tornò in Friuli anche nel 1988) –. Un volto segnato dalle mille rughe della sofferenza umana, due occhi cerchiati di tanto amore: specchio della presenza di Dio in questo mondo».
Le fu chiesto: “E ai friulani quale messaggio vorrebbe consegnare?”. Rispose: “Quello di pregare, perché il frutto della preghiera è l’approfondimento della fede, e il frutto della fede è l’amore, e il frutto dell’amore è il servizio. Se noi preghiamo, avremo un cuore puro per amarci come Dio ci ha amato. Ma l’amore deve essere messo in azione. Ora, il frutto del nostro amore per Dio è il servizio ai poveri. Per voi è l’amore nella famiglia. Pregate insieme e starete insieme. Unite le vostre mani per aiutarvi, così come i vostri cuori. Amatevi l’un l’altro”.
Ecco di seguito il testo integrale dell’intervista
Madre Teresa, cosa si prova ad aver speso la propria vita in favore dei poveri?
«La gioia di avere amato Gesù, il più povero dei poveri, dando tutto ciò che ho e che posso essere; e portando la gioia a queste persone che morirebbero in tristezza, dando loro la gioia di aver ricevuto Dio, che praticamente è in loro».
Secondo Lei quali sono oggi nel mondo i poveri più poveri?
«La gente che ha fame d’amore e di pane, che ha bisogno di vestiti e di dignità umana e di rispetto; gente che ha bisogno di una casa, che sente la povertà spirituale e materiale».
Quando si parla dei poveri che vivono distanti dalla nostra realtà quotidiana, spesso si sente qualcuno obiettare: guardiamo prima ai poveri più vicini a noi. Per gli altri si vedrà… Lei cosa direbbe?
«Questo è il grande errore che noi facciamo. Noi abbiamo sì i poveri nelle nostre case, e noi questi poveri li vediamo, ma non li guardiamo. Noi magari avvertiamo la povertà dei poveri, manon rispondiamo al loro grido. È per questo che abbiamo bisogno di un cuore limpido, chiaro, semplice, pulito; l’unico che può vedere Dio».
Santa, Madre, cos’è stato che ha fatto scattare in Lei la molla di tanta generosità verso gli ultimi?
«Gesù ha fatto di se stesso pane di vita per soddisfare la fame che noi abbiamo di lui, e poi egli stesso si è fatto affamato in modo che noi possiamo soddisfare la sua fame. Quello che noi possiamo fare è amare Gesù coi fatti. E questo sarà il frutto della nostra unione con lui, nella preghiera e nell’eucarestia. Ma le nostre vite sono molto più povere dell’eucarestia e dei poveri».
In questo mondo si spendono migliaia di miliardi di lire in armamenti. Basterebbe pochissimo, al confronto, per garantire un pezzo di pane ai milioni di affamati su questa terra. Ma non si fa.
«Questo è il vero volto della povertà più grande: noi abbiamo paura di dare. E poi abbiamo paura dei bambini, dei bambini non nati, di educare i bambini, di dargli da mangiare. Penso che il mondo potrebbe fare molto. Purtroppo molto si spende in armamenti. Ebbene, io dico: date quel denaro alla gente che ne ha bisogno. Allora sì che ci sarà pace, unità e gioia».
Il mondo occidentale è molto preoccupato, in questo momento, della pace, e si parla molto da noi di equilibrio, di bilanciamento di armamenti, di riduzione delle armi nucleari: Lei, come giudica questa preoccupazione dei popoli ricchi, una preoccupazione legittima oppure anch’essa un segno egoistico?
«Non ho avuto tempo per riflettere su queste cose. Io posso dire una cosa: la grande tragedia del mondo comincia vicino a noi. Occorre ricordarsi, infatti, che la cosa più importante per noi deve essere la gente che ci sta vicino, a cominciare dalla famiglia. Se una famiglia prega tutta iniseme, si amerà e Gesù verrà in essa portando la Buona Novella. Tutto deve partire dalla casa, dalla famiglia. L’amore nasce e parte da lì. E più famiglie unite abbiamo, più pace avremo. Una famiglia divisa o distrutta non può produrre amore, così come un cuore spezzato, diviso, non può produrre niente. Per portare la pace nel mondo non abbiamo bisogno di armi o bombe, ma di amore e compassione, di un amore che comprende e di un amore che va diviso con gli altri. Ciò che è importante è la condivisione della gioia, di amare ed essere amati, perché per questo siamo stati creati. Ecco perché è un terribile peccato il fatto di abortire. Quei bambini sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio. E se una madre uccide il proprio bambino, cosa rimane alla gente se non uccidersi l’un l’altro?».
Possiamo davvero sperare in un mondo di pace, quando milioni di creature umane muoiono letteralmente di fame?
«Se noi siamo occupati soltanto coi numeri non combiniamo niente. Il nostro amore deve partire da casa. Penso che tutto comincia da lì: il nostro prossimo è il nostro vicino. Io ho un bellissimo esempio di una famiglia di otto bambini che non avevano di che mangiare. Un signore mi parlò di questa famiglia; andai là e portai loro del riso. La madre, quando lo ricevette, divise il riso in due parti, e se ne andò. Quando ritornò le chiesi cosa aveva fatto e dove era andata. Mi disse che i loro vicini avevano fame anch’essi. Ciò non mi sorprendeva, ma fui sorpresa dal fatto che lei sapeva ciò che noi non sappiamo. Ma se noi pregassimo, sapremmo queste cose che dovrebbero far parte della nostra fede. Il frutto della fede è sempre amore e il frutto dell’amore è sempre il servizio. Soltanto se noi preghiamo ci sarà amore, la voce dell’amore, la voce della pace».
I cristiani sono i depositari della Buona Notizia del Vangelo: com’è che potrebbero trasformare il mondo su misura del Regno di Dio?
«Vivendo la vita, crescendo in Cristo, nella sua compassione, perché Dio ci ama. Allora cerchiamo di amare, di avere questa compassione. Ma per fare ciò abbiamo bisogno di un cuore pulito, libero dal peccato. Gesù disse: siate santi come il Padre vostro è santo. La santità non è un dono per pochi, è un dovere di tutti. Noi siamo stati creati per grandi cose: veniamo, siamo venuti da Lui e a Lui un giorno torneremo. E dobbiamo essere in grado di vedere la faccia di Dio, perciò abbiamo bisogno di un cuore puro. Ecco perché Gesù morì sulla croce. Anche per lui è stato difficile amarci. Il fatto di amarci gli ha fatto male. Amarlo, invece, costa ma non fa male. Lo dobbiamo amare con i nostri mezzi, con tutto ciò che abbiamo. Soltanto così, amandoci l’un l’altro, con gioia e umiltà, “sarete miei discepoli”. Dio è amore, ama voi e ama me. È la miglior proclamazione della Buona Novella».
È certo che Dio parla in ogni tempo e a ogni generazione: secondo Lei cosa richiede agli uomini di questa generazione?
«Un amore tenero e la preoccupazione, la cura degli uni verso gli altri. Iddio chiede la pace, la gioia e l’amore. Dio ama i cuori puri, i soli che possono vederlo. E noi dobbiamo vedere Lui l’uno nell’altro: è il solo metodo per vedere Dio. Amandolo e amandoci, noi vediamo Dio nel nostro vicino».
Madre Teresa, quale è stata la gioia più grande che il Signore Le ha concesso nella sua vita?
«Difficile da esprimere. La santa Comunione è la più grande gioia. Gesù è la più grande gioia per tutti, perché venne per darci la buona notizia che lui ci ama. E lui ci parla per nome quando ci parla. Noi siamo suoi. Ha rinunciato a tutto per noi e ci dice: siete preziosi per me. E anche se una madre dimentica il suo bambino, Dio non lo dimentica. Dio ce l’ha nel palmo della sua mano. E ti dice: sei prezioso per me, e ti ama con tanta tenerezza».
Gli amici più cari?
«Tutti quelli che non hanno amici».
Il dolore più intenso?
«Commettere peccato».
Quali sono le povertà più gravi che lei ha constatato in Italia?
«La povertà di chi non vede i poveri. Se venite nel nostro rifugio di Catania o in altre parti, voi vedrete la gente che è sola, povera e ammalata. Noi prendiamo quella croce pensando che loro sono nostri fratelli. Un’altra povertà è la piaga dell’aborto. La mamma che non vuole un altro bambino: là è il più grande peccato».
Lei ha dato la vita per gli affamati e per i lebbrosi. In Friuli c’è un’associazione, «I nostri amici lebbrosi», che da 14 anni raccoglie il frutto della generosità friulana in favore di questi fratelli. Cosa direbbe ai laici che si impegnano in questo campo?
«È un’azione meravigliosa, perché i lebbrosi sono i meno voluti e i meno amati. Noi ci prendiamo cura di 93 mila lebbrosi, in India, in Africa e in Medio Oriente. Li stiamo riabilitando, dando loro negozi propri, scuole… È il più bel lavoro che si può fare. È come riportarli a una nuova vita, provandogli che Dio ci ama».
E ai friulani quale messaggio vorrebbe consegnare?
Quello di pregare, perché il frutto della preghiera è l’approfondimento della fede, e il frutto della fede è l’amore, e il frutto dell’amore è il servizio. Se noi preghiamo, avremo un cuore puro per amarci come Dio ci ha amato. Ma l’amore deve essere messo in azione. Ora, il frutto del nostro amore per Dio è il servizio ai poveri. Per voi è l’amore nella famiglia. Pregate insieme e starete insieme. Unite le vostre mani per aiutarvi, così come i vostri cuori. Amatevi l’un l’altro.
a cura di Duilio Corgnali