È la terza stazione della Via Crucis quella in cui ci immergiamo nella folla di Gerusalemme per osservare, come se fossimo al centro della scena, Gesù che sale verso il Golgota. Siamo solo all’inizio di questa dolorosa via che ci mette di fronte alla prima caduta di Cristo sotto il peso della croce.
Egli è provato dalle terribili ferite inferte durante la flagellazione subita e queste si fanno sentire ad ogni passo: tuttavia egli non smette di offrire tutto se stesso, compresa questa inevitabile caduta, alla volontà del Padre.
Sono proprio le ferite impresse nella sua carne che danno senso e gettano luce sulle tante nostre infermità, sulle tante ferite che la vita assegna in modo anche incolpevole nelle esistenze di ciascuno. Quante ferite e quante cadute caratterizzano i cammini di ogni persona! Eppure Gesù in questa terza stazione sembra volerci incoraggiare a non perdere mai la speranza che in ogni circostanza ci si può rialzare da esse.
Le nostra umane fragilità non sono fatte per scoraggiarci, ma per aiutarci a risollevarci e a confidare nell’aiuto di Dio che tutto può. Ogni giorno, infatti, veniamo sopraffatti da cadute, piccole o grandi che siano, che ostacolano il nostro cammino di libertà, che Dio Padre ci ha dato. Sono debolezze umane, peccati, egoismi, mancanze di amore fraterno.
Ciò che conta, alla fine, è la capacità di rialzarsi da questi inevitabili cedimenti, contando sulla Grazia che Gesù ci dona con la sua misericordia. Il Sacramento della Confessione, infatti, ci ridona quella forza spirituale e santificante che ci permette di riprendere finanche il cammino più irto, sconnesso, malconcio, che ogni vita potrebbe incontrare.
Non c’è caduta morale dalla quale non ci si possa rialzare purché si guardi a Gesù e lo si segua col desiderio di non perderlo di vista.
Bruno Temil