«Questo confine è un esempio di pace. Molte volte i confini sono molto più porosi di quanto l’odio, la divisione, l’eredità della guerra fanno credere. Qui c’è proprio, al contrario, la fine dei confini. E questo è uno dei confini che da muri diventano cerniere, che invece di creare distanza sono delle colle che possono unire i Paesi, le culture, gli uomini e le donne». Così il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, oggi a Gorizia, dove è intervenuto al polo isontino dell’Università di Trieste sui temi della diplomazia umanitaria per i 50 anni del Dipartimento di Scienze Diplomatiche. «Gorizia sicuramente è uno dei punti di contatto con l’oriente. La grande visione di Papa Francesco è che l’Europa ha sempre due polmoni, e qui se vogliamo c’è uno dei punti di contatto tra i due polmoni, l’Europa dell’Occidente e dell’Oriente – ha proseguito Zuppi –. Il problema non è mai soltanto nord-sud, ma è anche sempre est-ovest. Un punto così importante che ha memoria della sua sofferenza, ma anche dell’utilità di pensarsi insieme, dell’indispensabilità di pensarsi insieme, credo sia senz’altro, e sarà, un laboratorio di dialogo e di pace».
«Se non c’è il cessate il fuoco e l’appello non viene raccolto, è motivo di ulteriore sofferenza e il fuoco produce altro fuoco», ha continuato il card. Zuppi, a proposito dei drammatici sviluppi della guerra in Medio Oriente. Parlando a margine della lectio magistralis il presidente della Cei ha fatto presente che «anche in tante altre parti del mondo non c’è pace». «Alcune guerre ci preoccupano e riguardano ancora più direttamente. Ma dobbiamo pensare che ci riguardano tutte le guerre, anche quelle che sembrano più distanti e circoscritte. Sono sempre davvero dei pezzi della guerra mondiale. Ci preoccupano molto e dobbiamo davvero continuare a fare di tutto per arrivare alla pace. Ecco perché il Papa chiede il cessate il fuoco con tanta insistenza».
Parlando ai futuri diplomatici, il card. Zuppi ha insistito dicendo che bisogna «potenziare la diplomazia, credere nella diplomazia, che non è soltanto pasticcini e perdita di tempo, ma è ciò che può permettere l’identificazione degli strumenti tali da risolvere i conflitti che ci sono e ci saranno non con la logica del più forte o con quella delle armi, che è temibile, oltre che inaccettabile e non risolve mai i conflitti, ma li peggiora, ma con il diritto». «C’è bisogno di tanta diplomazia e anche di diplomazia umanitaria – ha concluso Zuppi –: di quelli che si occupano di umanitario, che tendenzialmente dovrebbero essere tutti, perché non siamo isole, possano aiutare la diplomazia, cioè a intendersi, costruire ponti, imparare un linguaggio comune, a conoscersi».