Ventuno preti anziani che hanno lasciato il ministero attivo, ma che continuano a vivere insieme il loro sacerdozio, a condividere da fratelli momenti di preghiera (quando la salute lo rende possibile). Per l’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato la S. Messa con i sacerdoti della Fraternità di Udine ogni primo venerdì del mese era un appuntamento fisso e un’occasione di incontro preziosa e il suo successore, Riccardo Lamba, è già passato nella casa di via Ellero per un saluto informale ai confratelli e ha in programma la sua prima celebrazione alla Fraternità giovedì 16 maggio. «Le visite sono sempre gradite per coloro che hanno speso la loro vita a servizio della gente e della Diocesi e che tanto continuano a fare nella preghiera e certamente l’incontro con il nuovo Pastore è un momento molto atteso – sottolinea il presidente, don Giancarlo Brianti – ricordando che la Fraternità non è semplicemente una casa di riposo per anziani, ma una vera e propria residenza famigliare».
L’“Album di famiglia” curato da mons. Qualizza
Di recente, proprio per raccontare la Fraternità è stato realizzato un piccolo volume, una sorta di “album di famiglia”, curato da mons. Marino Qualizza, ospite della casa di accoglienza da diversi anni, con la collaborazione dello stesso don Brianti. Un testo che ripercorre le tappe della vita della casa del clero a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso fino ai giorni nostri, voluto proprio per «riconoscere l’operato generoso di persone che in Fraternità hanno vissuto e operato in ruoli diversi, passando in rassegna avvenimenti che hanno lasciato un segno nella vita della casa e dei sacerdoti ospiti» (la pubblicazione si può trovare sia alla Fraternità che negli Uffici pastorali diocesani).
Nel volumetto si racconta tra l’altro la straordinaria visita di Papa Giovanni Paolo II (durante il suo viaggio pastorale in Friuli, domenica 3 maggio 1992), ma si citano anche i tempi drammatici della pandemia, che alla fine del 2020 ha causato ben dieci decessi tra i sacerdoti (su 27 ospiti), si descrivono i lavori e servizi realizzati nel tempo, fino a tratteggiare il ruolo della Fraternità oggi, in una Chiesa che cambia.
Trent’anni fa l’idea di mons. Copolutti
Sono passati trent’anni dall’inizio dell’attività della casa per il clero diocesana, ricorda mons. Qualizza (sebbene già alla fine degli anni Settanta più di qualche sacerdote avesse trovato alloggio nella sede del Seminario di Udine, poi trasferito a Castellerio). A lanciare l’idea di una casa di accoglienza per il clero fu mons. Giovanni Copolutti, già economo del Seminario. Non un’impresa semplice, ma a mons. Copolutti la caparbietà non mancava, puntualizza Qualizza. Con atto firmato il 12 aprile 1984 da 11 sacerdoti venne costituita così una cooperativa e dopo tre anni di lavori si giunse all’inaugurazione. Il primo degli ospiti fu il vescovo ausiliare emerito Emilio Pizzoni. Primo direttore don Arduino Codutti, attuale parroco di Pontebba e Dogna. Dopo di lui vennero don Giovanni Zanello, Bruno Roselli e dal 2001 fino al 2020 mons. Saverio Mauro. L’infermeria fu affidata alle suore Ancelle della Carità: la prima superiora fu suor Teresa, cui seguirono suor Giovanna, suor Desideria ed infine suor Pierina, dopodiché le suore non ebbero più rinforzi e lasciarono il servizio.
Oggi accanto al presidente don Brianti opera don Antonino Cappellari come responsabile e animatore della comunità, mentre l’amministrazione è affiata al geometra Luigi Loppi e l’assistenza a personale medico, infermieristico e oss.
Alleanza generazionale con i preti giovani
Si tratta di una casa dove «se la salute aiuta un po’, la convivenza è davvero felice», testimonia con riconoscenza mons. Qualizza. Una struttura «nella quale si possono trovare un’accoglienza, una cura e un’attenzione straordinarie».
Don Brianti, guardando al futuro, si augura che anche la pubblicazione realizzata possa contribuire a «promuovere un’attenzione e un sostegno da parte del clero diocesano verso la Fraternità sacerdotale, oltre che consegnare ai preti più giovani un tassello prezioso del mosaico della nostra Diocesi, perché lo custodiscano e ne facciano motivo di alleanza generazionale».
Valentina Zanella