Ziman ha un piccolo negozio di alimentari. È madre di tre figli e vende principalmente pane e generi di prima necessità, così se il pane finisce può utilizzare i soldi per comprare la cena, se invece non vende tutto può utilizzare il pane avanzato come cena per i figli. Vive in un container che costa l’equivalente di dieci euro al mese. Jana, come molte altre donne di Adigrat (Etiopia), durante il terribile conflitto che ha tormentato questa regione dell’Etiopia è stata violentata dai soldati, in casa, i suoi figli presenti. Ora lavora per il Comune, raccoglie le immondizie durante la notte (senza alcuna attrezzatura, a mani nude). Con quel che riceve, ha allestito un piccolo negozio in strada, dove vende scope, zucchero, caffé. Mentre all’alba lei ancora raccoglie immondizie, i figli si occupano del negozio. «Quando vendo anche un solo fiammifero mi sento normale – racconta –, posso permettermi di dare il resto a chi compra e mi dimentico tutte le violenze subite». Ziman e Jana (i nomi sono di fantasia) sono due delle donne sostenute dal progetto di recupero psicologico e di sostegno economico alle donne del Tigray vittime di violenza. A raccogliere le loro testimonianze una volontaria dell’associazione udinese “I Nostri amici lebbrosi”, in uno dei tanti viaggi di verifica dei fondi impiegati che da sempre caratterizzano l’operato della benemerita associazione udinese (assieme al contenimento delle spese di gestione, sempre inferiori al 5% delle offerte ricevute).
L’associazione continua a dare vita alla prodigiosa opera di solidarietà avviata nel 1968 dal suo fondatore, l’instancabile Daniele Sipione (mancato nel 2013), trasformando le donazioni ricevute in case, villaggi, scuole, pozzi, progetti di sostegno nutrizionale e scolastico, sanitario…
Dal 1968 ad oggi sono stati raccolti e distribuiti oltre 42 milioni di euro, fa sapere il presidente, Giorgio Matellon, che da volontario dell’associazione si è assunto la responsabilità di raccogliere il testimone di Sipione, affinché questa straordinaria catena di solidarietà potesse proseguire, con la convinzione che «c’è sempre qualcosa da poter fare, piccoli gesti che possono cambiare la vita di qualcuno». Decine e decine i progetti in corso, in altrettanti paesi: dal sud est asiatico all’Africa, dall’Armenia all’America Latina, attivati in sinergia con i missionari in loco, «interlocutori indispensabili, perché il loro impegno dura una vita e la loro condivisione con gli ultimi è totale», precisa Matellon.
Valentina Zanella
Come sostenere
L’associazione “I Nostri amici lebbrosi” è iscritta nel Registro Unico nazionale del Terzo settore e le donazioni effettuate possono essere fiscalmente detratte. Inoltre, è possibile destinare il 5 per mille dell’Irpef a favore dell’associazione indicando il seguente Codice Fiscale 80020050300.
Per informazioni: www.inostriamicilebbrosi.org