Silenzio, per favore. Perché non approfittare della prossima estate per smetterla di vociare; per porsi in riflessione; magari per fare l’esperienza del silenzio? Un silenzio operativo, ovviamente, attivo, non passivo. Quando proponiamo quest’idea a suor Gabriella, lei subito obietta: perché solo un’esperienza estiva, un silenzio da… vacanza, da riposo? Suor Gabriella Mian è veneta, appartiene alla Congregazione Ancelle di Gesù Bambino, opera a Gorizia. La contattiamo mentre si trova nella Casa degli esercizi spirituali San Martino di Vittorio Veneto, dove è impegnata in un corso di spiritualità ignaziana per laici.
«Abbiamo paura del silenzio, di guardarci dentro»
«In realtà il silenzio e la riflessione dovrebbero essere una prassi quotidiana, per tutto l’anno. Non avviene così perché noi abbiamo paura del silenzio. E sa perché?». Perché? «Abbiamo paura di guardarci dentro. E allora riempiamo il silenzio in tanti modi: la televisione continuamente accesa, lo smartphone a portata di mano, il computer sempre aperto. Il silenzio, insomma, è qualcosa che ci disturba. Invece il silenzio, che è il presupposto, la condizione per la riflessione, noi diremmo anche la meditazione, la contemplazione, è importante non soltanto come approccio religioso, spirituale, ma a livello umano, per rimanere connessi con noi stessi, con la Casa comune, con gli altri».
«Ognuno di noi è “cosa buona”, un’opera di alto atelier»
Il silenzio, dunque, come passaggio obbligato per scoprire sé e l’altro; «chi sono io – precisa suor Gabriella – e chi voglio essere». Un consiglio utile da parte di chi pratica il silenzio? «D’estate ci sono maggiori opportunità di ritagliarsi un tempo per “silenziarsi”. Ma ogni giorno dell’anno – suggerisce suor Gabriella – sarebbe saggio ricavarsi dieci minuti, un quarto d’ora di meditazione; il credente sulla parola di Dio, che gli darà una marcia in più; chi crede di non credere, può riflettere sull’umano che gli sta intorno». Ma qual è questa marcia in più sulla quale far leva? «Ogni persona si porta dentro un vuoto – argomenta suor Gabriella – che nessuna creatura può riempire del tutto. Solo Dio può riempire questo vuoto. E anche se non sono credente, io sono fatto per Dio. Solo stando davanti al Signore – meglio, appunto, se in silenzio – posso scoprire nella verità chi sono. Siccome siamo stati creati ad immagine e somiglianza di Dio, ognuno di noi è stato creato come cosa buona, anzi molto buona, molto bella. Vale il caso di riscoprirlo se non ne siamo coscienti. Per comportarci di conseguenza». Insiste suor Gabriela: «Noi donne e uomini, qualsiasi siano le nostre credenze, non siamo brutte copie di qualcosa, ma un’opera d’arte, di alto atelier; siamo stati creati dal più grande stilista di moda in assoluto».
Riscoprire il silenzio… comunitario
Questa “pratica” del silenzio, quindi della riflessione, della mediazione, dovrebbe essere una dimensione singola, ma al tempo stesso comunitaria. Suor Gabriella ritiene, ad esempio, che le parrocchie per prime dovrebbero implementarla: «Proprio come formazione interiore delle persone, mentre oggi, purtroppo, anche in tante nostre parrocchie si coltivano di più le prestazioni. Invece…».
Invece? «Dobbiamo andare incontro di più alle persone, accompagnarle nella quotidianità, nel lavoro, per strada, al supermercato, al parco giochi, mettendoci in relazione con loro, anche nei modi più semplici. Senza la pretesa di dare consigli, di offrire ricette, ma con la piena disponibilità all’ascolto». È infatti convinzione di suor Gabriella che le persone oggi abbiano bisogno di ascolto, piuttosto che di ogni altra cosa, «perché nessuno, proprio nessuno le ascolta». «Ha bisogno, chi ci vive accanto, di vicinanza vera, non formale; in tanti casi anche di consolazione. Questa è la Chiesa in uscita, non altro. E le opportunità che ci offre l’estate, anche grazie al riposo, non vanno sprecate. Non vanno esaurite in una corsa o in una rincorsa a chissà quali altre prestazioni pastorali».
Francesco Dal Mas