La perdita di 126 milioni con cui si è chiuso il bilancio Asuc è un dato molto preoccupante. Ancora più preoccupante, però, se questa fosse l’alibi per «letture aziendaliste e prese di posizione ideologiche», dimenticando quella che dovrebbe essere la vera priorità: «Individuare gli strumenti per dare la risposta più efficace alla domanda di salute e assistenza della popolazione e in particolare delle fasce deboli». A sostenerlo è Andrea Traunero, segretario generale della Funzione pubblica Cgil di Udine, chiedendo che sul tema si apra un confronto «capace di individuare i giusti equilibri e le misure capaci di garantire la tenuta e l’efficienza del sistema socio-sanitario, senza limitarsi – aggiunge– a un’analisi fredda e parziale, basata su tre soli indici: costo del personale, spesa farmaceutica e per la disabilità».
No quindi a logiche da spending review pura e semplice, come quelle che caratterizzano da sempre gli approcci incentrati sulla spesa farmaceutica: «Se l’obiettivo di razionalizzare la spesa ed eliminare gli sprechi è giusto e condivisibile – dichiara il segretario della Fp –, non bisogna mai dimenticare che dietro al maggiore consumo di farmaci ci sono cause strutturali come l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dei malati cronici». Ancora meno convincenti, per la Fp, le soluzioni proposte da chi ipotizza un maggiore ricorso a forme di flessibilità per contenere la spesa sul personale. «Guardando oltre 255mila ore di straordinario – commenta Traunero – e agli oltre 240mila giorni di ferie maturati e non goduti nel 2023, la risposta può essere una sola: abbiamo già dato. La soluzione non è far lavorare di più il personale, ma farlo lavorare meglio e con una migliore conciliazione tra vita privata e lavoro, per tornare a rendere attrattive le professioni sanitarie, ridurre lo stress fisico, psicologico ed emotivo dei lavoratori, frenare la fuga dalla sanità pubblica».
Quanto al nodo dei servizi ai disabili, più del presente preoccupa il futuro. «Le novità introdotte dalla legge regionale 16/2022 – secondo Traunero – determineranno sensibili modifiche al cofinanziamento del settore da parte del servizio sanitario e degli enti locali, con il rischio di lasciare molti utenti nell’impasse». Ma la questione disabili, per la Cgil, rimanda a una considerazione più generale sul futuro del sistema socio-sanitario pubblico: «Se la qualità della vita delle fasce deboli è un indicatore cruciale della salute della nostra società, quello che abbiamo sotto gli occhi e quello che si profila in prospettiva non è certo un quadro incoraggiante per la nostra sanità e il nostro sistema di welfare: a maggior ragione, dunque, la presa d’atto di deficit pesanti come quello dell’Asufc non dovrebbe l’alibi per soluzioni di tipo aziendalistico, ma la spinta a un’adeguata politica di potenziamento e rafforzamento del nostro servizio socio-sanitario. Che da tempo, purtroppo, ha smesso di essere un’eccellenza, perché sottofinanziato, vittima di una cattiva programmazione e di un continuo drenaggio di risorse verso il privato, che invece prospera».