«Da questa esperienza a Trieste devono nascere ulteriori esperienze: dalla vita nasce altra vita». Sono parole del cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che nel coro dell’evento triestino, avvicinato da “La Vita Cattolica”, ha brevemente ripercorso gli obiettivi dell’assise nel capoluogo giuliano e, al contempo, le motivazioni che nell’anno delle elezioni europee meno partecipate di sempre hanno mosso la Chiesa a porre al centro dei lavori proprio il tema della democrazia. E della partecipazione.
Card. Zuppi, partiamo dal luogo in cui ci troviamo: una Settimana Sociale in una città mitteleuropea come Trieste.
«Qui abbiamo ricevuto un’accoglienza straordinaria, con una grande disponibilità da parte delle istituzioni locali e della popolazione. Abbiamo condiviso un luogo con tanta storia, in cui c’è stata tanta “visione” di futuro. Trieste nasce come una città di convivenza tra fedi e popoli con tante ferite, ma con la consapevolezza di fare di queste ferite un tesoro per il futuro.»
L’intera regione ha vissuto un “secolo breve” molto tormentato. Qui il tema della pace è molto presente, così come nel servizio che le ha chiesto il Papa. Cosa può essere questa terra, cerniera tra est e ovest?
«Questa terra ha il coraggio di affrontare le sofferenze, non per riaprire vecchie ferite, ma per curarle. Se pensiamo che il tempo cura da solo, sbagliamo: spesso il tempo approfondisce le ferite e le cronicizza. La pace richiede sempre un coinvolgimento delle persone: di questo c’è bisogno. Noi cattolici abbiamo la responsabilità, credo anche la possibilità, per farlo.»
Questo grande appuntamento a Trieste segnerà anche il futuro della Chiesa italiana?
«Ciò che emergerà da questa Settimana Sociale sarà una delle acquisizioni del Comitato organizzativo e, in realtà, della Chiesa italiana. Abbiamo raccolto tanta vita e dobbiamo produrre tanta vita, da questa esperienza devono nascere esperienze.»
Quindi si lavorerà ancora, il lavoro sulla partecipazione non si ferma qui a Trieste.
«Ci sarà ancora da lavorare sui modi in cui la democrazia dovrà essere nutrita dalla Dottrina sociale della Chiesa. Tanta parte della democrazia italiana è frutto di questa Dottrina sociale, lo è stato nei momenti di difficoltà e a maggior ragione lo può essere ancora per l’Italia e per l’Europa.»
Che ruolo possono avere le Parrocchie, in particolare nell’educazione delle nuove generazioni, per far maturare una sensibilità di questo tipo?
«Il ruolo è fondamentale perché la democrazia nasce dal basso. È chiaro che è anche nelle Parrocchie deve esserci un’educazione vera, non solo teorica.»
Cosa significa?
«Vuol dire vivere la partecipazione e pensarsi insieme. La relazione e la cura del territorio sono prassi normali di un cristiano che non deve avere gli occhi chiusi come il fariseo e il dottore della legge della parabola del Buon Samaritano, che passano oltre e non si fermano. Ripeto: servono relazione e cura».
Giovanni Lesa, inviato a Trieste