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L'editoriale

Stelle e mistero

Ogni anno a San Lorenzo qualcuno si ricorda di guardare le stelle cadenti …

Qualche notte fa, con oltre una trentina di giovani, camminavamo silenziosi sul sentiero verso la vetta del M. Crostis. Cielo terso, notte quasi buia, una falce di Luna calante e un mare di stelle che progressivamente sparivano all’approssimarsi della luce diffusa del crepuscolo mattutino.

Dopo una sosta per riprender fiato, guardarsi in giro alla luce delle lampade frontali, bere un sorso, controllare che tutti stiano bene, riprendiamo la salita nella notte che ormai piano piano schiarisce e questo iniziale tentativo della luce di dire la sua presenza è ora accompagnato anche dalle nostre voci. Le cime, la realtà iniziano a delinearsi facendo intravvedere i propri contorni, le proprie forme: tutto diventa un po’ più familiare.

Arrivare su una cima è sempre una soddisfazione: è come se così, in un qualche modo, si entrasse in confidenza con la montagna stessa.

Non c’era ancora luce sufficiente per intravvedere il panorama. La maggior parte delle stelle se ne erano andate, restava Giove, luminoso, evidentissimo, a tenere compagnia alla Luna e bisognava attendere ancora a lungo per l’alba.

Piano piano la luce del crepuscolo ha preso il sopravvento e sopra l’orizzonte orientale la foschia si è colorata.

Sono le 5.48 e il Sole sfonda: una lontana palla rossastra si alza velocemente. Diversi di noi non avevano mai visto un’alba così. Bellezza, stupore, emozione, tutti attenti con lo sguardo nella stessa direzione, come se in quei momenti ci fosse uno scopo della vita preciso e condiviso da ciascuno.

Poi lo sguardo si allarga: montagne tutto attorno con il Coglians che domina, un tentativo di ascolto dell’inizio della Sinfonia delle Alpi, alcuni hanno un po’ di freddo, leggiamo il Salmo 104 e facciamo due canti accompagnati dalla chitarra. Sopraffatti dalla bellezza. Ci rimettiamo in moto e scendiamo per un po’ per scaldarci camminando e poi ci fermiamo di nuovo per una messa all’aperto.

Poi andiamo verso il nostro oratorio estivo. A metà mattinata aglio, olio e peperoncino.

Ad un certo punto con  gli “animatori” ci siamo ritrovati attorno allo stesso tavolo e allora ho preso l’occasione per dire alcune cose: quando posso cerco di rilanciare perché la grandezza di quello che viviamo è determinata dalla coscienza che ne abbiamo e perché l’amicizia e l’esperienza cristiana che condividiamo mi permette di dire ciò che mi sta a cuore.

Ho detto loro che lassù abbiamo vissuto con grande sentimento e con grande senso estetico ma che c’era qualcosa di importante che mancava e lo si capiva dal fatto che il salmo, i canti, la messa erano come slegati dal resto del tempo che abbiamo vissuto. Così per noi la realtà non è normalmente vissuta come segno che rimanda alla presenza del Mistero: se ci fermiamo al senso estetico, viviamo una coscienza ridotta.

Sulla nostra casa la prima immagine che si vede arrivando è la riproduzione del Cantico delle Creature di San Francesco: per lui erano “fratello Sole” e “sorella Luna” perché viveva tutto con la coscienza di essere di fronte all’opera di Dio. La coscienza che tutto è opera del Creatore è essenziale nella nostra fede. Dice che Dio ha a che fare con tutte le cose concrete della vita, con tutta la realtà. Tutto, e adesso: amici, montagne, alba … tutto esiste perché è Lui che lo ha chiamato e continua a chiamarlo all’esistenza. “Senza di Lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste”.

Abbiamo bisogno di riconquistarci questa semplicità. Anche con l’aiuto di San Lorenzo.

don Carlo Gervasi

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