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Commento al Vangelo

«Chi vuol venire prenda la sua croce e mi segua»

Dal Vangelo secondo Marco Mc 8,27-35

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

Parola del Signore.

Commento al Vangelo del 15 settembre 2024,
XXIV Domenica del Tempo ordinario

A cura di don Alberto Paschini

don Alberto Paschini

Quanto viene narrato nel Vangelo di questa domenica rappresenta un momento cruciale della missione di Gesù, secondo l’impostazione dell’evangelista Marco. Se molto spesso è Gesù ad essere interrogato dai discepoli, questa volta è il Maestro che si rivolge a loro con una domanda che vuole orientare il cuore e la mente di questi uomini alla scoperta della sua identità più vera e profonda. All’inizio Gesù sembra interessarsi all’opinione pubblica che si è formata attorno a lui: «Chi dice la gente che io sia?». Per gli apostoli è facile rispondere riportando le impressioni che avevano raccolto nell’ascolto delle molte persone che quotidianamente raggiungevano il Maestro dai villaggi. Si rincorrono alcuni luoghi comuni piuttosto diffusi a quel tempo in Israele: «Giovanni il Battista; Elìa; uno dei profeti». Nella parola di Gesù alcuni ritrovavano il vigore sanguigno della predicazione del Battista. Altri ricordavano la profezia di Malachia in cui il Signore afferma: «Io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore: egli convertirà il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri» (Ml 3, 23-24). Tuttavia, a Gesù non bastano le opinioni comuni, le impressioni superficiali, gli abbozzati e imprecisi dipinti che la gente s’è fatta di lui. Come sempre, con abilissima e precisa pedagogia divina, egli scende in profondità per arrivare dritto al cuore: «Ma voi, chi dite che io sia?». Così facendo Gesù ci indica un primo passo da compiere perché la fede non resti un vago sentimento leggero e passeggero, ma si intrecci con la nostra vita: stare con lui in modo intenso e prolungato. Per i Dodici questo tempo è costituito dalla condivisione concreta della quotidianità, per anni, per noi è rappresentato dal tempo della preghiera celebrata nei Sacramenti e adorante nell’Eucaristia, senza dimenticare la potente intercessione sprigionata dalla preghiera alla Vergine Maria e ai santi. Solo in questo tempo noi possiamo maturare una reale immagine del volto di Cristo, che ci viene dipinta dalla sapiente e materna mediazione della Chiesa. Se ci priviamo del tempo della preghiera l’immagine che ci facciamo di Dio può essere offuscata da ideologie a buon mercato, opinioni distorte e correnti attiviste che ci inquinano l’anima.
La risposta di Pietro, impulsiva ma impressionantemente esatta, viene messa in ombra pochi istanti dopo da quel rimprovero altrettanto impulsivo ma questa volta inopportuno, che egli rivolge a Gesù. Il quale lo apostrofa come “Satana”, aggiungendo «perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Gesù ci indica una secondo necessario passo: liberarci dell’idea diabolica di incasellare Dio nelle nostre limitate prospettive per con-formarci a lui: pensare come lui, agire come lui, parlare come lui, amare come lui. È quanto racchiude la meravigliosa preghiera “Absorbeat”, attribuita a san Francesco d’Assisi: «Rapisca, ti prego, o Signore, / l’ardente e dolce forza del tuo amore / la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, / perché io muoia per amore dell’amor tuo, / come tu ti sei degnato di morire / per amore dell’amor mio». Ecco che allora potremo dirci cristiani: quando con la forza dello Spirito Santo saremo pronti ad amare con l’intensità e la disponibilità di Dio, quando la logica della croce non ci apparirà più una follia o un fallimento, ma il segreto che rende una vita degna d’essere veramente vissuta.

don Alberto Paschini

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