«È arrivato il momento di concludere una lunga e complessa storia attorno ai fenomeni spirituali di Medjugorje. Si tratta di una storia in cui si sono susseguite opinioni divergenti di Vescovi, teologi, commissioni e analisti». Ha un tono di solennità la formula con cui la Santa Sede – in particolare il Dicastero per la Dottrina della Fede – apre la nota «La Regina della Pace» circa l’esperienza spirituale legata a Medjugorje, con cui il Vaticano autorizza devozione e pellegrinaggi nella località della Bosnia-Erzegovina. Numerosi, anche in Friuli, i gruppi di fedeli che regolarmente si recano in pellegrinaggio alle pendici del monte Križevac.
La Nota del Dicastero per la Dottrina della Fede non attesta alcun carattere soprannaturale del fenomeno e ricorda che i fedeli «non sono obbligati a credervi»: il nihil obstat Vaticano indica che questi ultimi possono ricevere uno stimolo positivo per la loro vita cristiana attraverso questa proposta spirituale e autorizza il culto pubblico. Un’approvazione, comunque, che arriva con con dei fermi distinguo, che in buona sostanza consentono la devozione in virtù dei «frutti positivi» legati ai pellegrinaggi, ma al contempo «non implicano un giudizio circa la vita morale dei presunti veggenti». Un po’ come avviene in molti altri luoghi di devozione – pensiamo a un esempio “di casa nostra” come il Santuario udinese della B.V. delle Grazie – in cui non è attestato nulla di soprannaturale, ma in cui sono fervidi la preghiera e i Sacramenti.
Insomma: pellegrinaggi sì, apparizioni (e messaggi mariani) più no che sì.
La realtà sono i «frutti positivi»
Uno dei cardini del pontificato di Francesco è l’assunzione – ribadita in Evangelii Gaudium – che «la realtà è superiore all’idea». Riguardo a Medjugorje, la realtà è lampante: i frutti positivi si rivelano soprattutto nella promozione di una «sana pratica di vita di fede», nel solco della tradizione della Chiesa. Questo, nel contesto di Medjugorje, riguarda sia coloro che erano lontani dalla fede sia coloro che, fino al momento del pellegrinaggio in Bosnia-Erzegovina, avevano «praticato la fede in modo superficiale». «La specificità del luogo – si legge nella Nota – consiste in un gran numero di tali frutti: le abbondanti conversioni, il frequente ritorno alla pratica sacramentale (Eucarestia e riconciliazione), le numerose vocazioni alla vita presbiterale, religiosa e matrimoniale, l’approfondimento della vita di fede, una più intensa pratica della preghiera, molte riconciliazioni tra coniugi e il rinnovamento della vita matrimoniale e familiare».
Questa è una realtà incontrovertibile, che spesso ricorre in diversi luoghi di pellegrinaggio sparsi nel mondo: Roma, Terra Santa, Santiago de Compostela, ma anche Lourdes o Fatima, oppure contesti di grande straordinarietà come le Giornate Mondiali della Gioventù. Per questo la Nota specifica che «tali esperienze avvengono soprattutto nel contesto del pellegrinaggio ai luoghi degli eventi originari piuttosto che durante gli incontri con i “veggenti” per presenziare alle presunte apparizioni».
I dubbi sui sei “veggenti”
Non sono casuali le virgolette sui “veggenti”, dalla cui esperienza la Nota vaticana prende le distanze. «Si può riportare – si legge – un quadro riassuntivo di frutti positivi legati a questa esperienza spirituale che, nel frattempo, si sono separati dall’esperienza dei presunti veggenti, i quali non sono più da percepire come mediatori centrali del “fenomeno Medjugorje”, in mezzo al quale lo Spirito Santo opera tante cose belle e positive». La parola “veggenti”, nella Nota, è sempre preceduta da “presunti”: restano infatti importanti dubbi riguardo all’esperienza dei sei presunti veggenti. La Nota sorvola sul loro percorso di vita, ma esprime dubbi riguardo al tono dei presunti Messaggi mariani: «in generale – si legge – la Madonna sembra promuovere così insistentemente l’ascolto dei suoi messaggi che a volte quest’invito emerge più che il contenuto dei messaggi stessi». Un’esortazione troppo ripetuta per sembrare del tutto genuina: resta quindi aperta la questione.
È verosimile che questa ripetizione provenga dall’amore e dal fervore dei presunti veggenti che con buona volontà temevano che le chiamate della Madre alla conversione e alla pace fossero ignorate. Quest’insistenza, tuttavia, diventa ancora più problematica quando i messaggi si riferiscono a richieste di improbabile origine soprannaturale, come quando la Madonna impartisce degli ordini circa date, posti, aspetti pratici, e prende decisioni su questioni ordinarie.
Il messaggio della Pace
La Nota approfondisce in modo accurato il significato di molteplici presunti Messaggi mariani: l’azione dello Spirito Santo, il peso del male e del peccato, la chiamata alla conversione, il valore della preghiera, la comunione fraterna, la gioia.
Un tratto caratteristico – su cui tuttavia si può prescindere dalla soprannaturalità – è l’esortazione alla pace. A maggior ragione in un luogo, la Bosnia-Erzegovina, situato al centro del drammatico conflitto balcanico negli anni Novanta. La stessa Nota prende il nome da un titolo auto-affidatosi da Maria, ossia “Regina della Pace” (10 agosto 2012). Uno dei tratti prevalenti della spiritualità che emerge dai messaggi è l’affidamento a Dio tramite il proprio pieno affidamento a Maria, in modo da essere strumenti di pace nel mondo. I messaggi attorno a questo tema sono assai numerosi e si pongono in sintonia con quanto Maria ha espressamente chiesto in altre apparizioni approvate (es. Fatima). La preghiera per la pace, in ogni caso e a maggior ragione in questo tempo storico, è e resta imprescindibile.
L’esortazione: non l’incontro con i veggenti, ma con Cristo
La Nota della Santa Sede assume infine toni esortativi nei confronti di tutti coloro – e sono centinaia di migliaia da tutto il mondo – che si recano in pellegrinaggio a Medjugorje. Queste persone, si legge, «siano fortemente orientate ad accettare che i pellegrinaggi non si fanno per incontrarsi con i presunti veggenti, ma per avere un incontro con Maria, Regina della Pace, e, fedeli all’amore che lei prova verso suo Figlio, per incontrare Cristo ed ascoltarlo nella meditazione della Parola, nella partecipazione all’Eucaristia e nell’adorazione eucaristica. Come accade in tanti Santuari diffusi in tutto il mondo, nei quali la Vergine Maria è venerata con i più variegati titoli». Si rimarca quindi il primato dell’Eucaristia e dell’ascolto della Parola, esperienza da vivere con fede a Medjugorje, luogo di particolare e benefica devozione, così come in ogni chiesa del mondo in cui si celebra la Santa Messa, momento di incontro con Cristo presente nell’Eucaristia.
Giovanni Lesa