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Economia

Al Friuli servono 100 mila lavoratori. Dove li recuperiamo?

Lo sapete che il Friuli-Venezia Giulia ha perso, tra il 2012 ed il 2022, il 10,5 della popolazione in montagna, più del doppio del Veneto, più del triplo della Lombardia? E più del doppio della media nazionale.

Siamo una regione a montanità significativa (43% della superficie regionale), ma le terre alte sono abitate solo dal 5,1% dei friulani. E lo sapete che la percentuale di posti letto nelle strutture ospedaliere dei comuni montani rispetto al totale dei posti letto in regione è la più bassa d’Italia mentre è tra le più alte quella delle famiglie che in montagna non dispongono di rete wireless? Siamo sopra al 20%.

Questi ed altri dati li ricaviamo dal Libro Bianco sulla montagna italiana realizzato da Unimont, polo montano dell’Università Statale di Milano, su incarico del Dipartimento Affari Regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Se un tanto non ci basta per riflettere, non può che scioccarci l’analisi compiuta dall’assessore regionale Alessia Rosolen davanti all’assemblea di Confindustria Alto Adriatico riunitasi a Grado. Per garantirci un minimo di futuro economico – ha spiegato – da qui al 2027 serviranno 100mila lavoratori. E ha aggiunto: «Attenzione, non abbiamo bisogno di numeri, ma di competenze specifiche. Tutti i percorsi formativi che stiamo mettendo in campo sono tesi a potenziare le competenze e ad attrarre i talenti richiesti dal nostro tessuto economico». Ebbene, da dove si parte?

Nel 2004 avevamo 276mila giovani tra i 15 e i 34 anni; nel 2024 siamo scesi a 228mila. Quasi 50mila giovani in meno. «Questo significa meno competenze a disposizione, una società profondamente cambiata e soprattutto una forza lavoro in forte calo».

Se questa è una faccia della medaglia, qual è l’altra? «La nostra è una regione dove il numero complessivo di pensionati over 65 è molto vicino a quello di chi sta ancora lavorando. Over 65 – citiamo sempre Rosolen – che negli ultimi 20 anni sono aumentati di 65mila unità. Il tema demografico si incrocia con la modifica strutturale della nostra società. Tutto questo non è dovuto solo a digitalizzazione, decarbonizzazione, nuove competenze, corsa verso il futuro e velocità invasiva dei processi produttivi, ma riguarda l’evoluzione della società».

Non ci sono dubbi per l’esponente della Giunta Fedriga: bisogna costruire il sistema di uno Stato sociale molto forte in grado di investire con costanza su istruzione, formazione, innovazione. Solo così possiamo pensare di avere dei risultati strutturali che necessitano di percorsi complessi. Sono tutti pezzi di un puzzle che non può trascurare gli interventi di welfare e di sostegno ai giovani e alle famiglie e il ruolo dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali».

Come hanno riferito i vari esponenti della Regione presenti a Grado, si sta lavorando al potenziamento della ricerca, alla difesa del diritto allo studio lungo tutta la vita e al rafforzamento del welfare territoriale. La Regione, assieme a tutte le associazioni di categoria, sta lavorando ad un piano per lo sviluppo pluriennale del settore manifatturiero, puntando sulla crescita dimensionale delle imprese, sui nuovi mercati dell’export, sulla transizione digitale ed energetica.

Ma come hanno “raccomandato” anche autorevoli esperti intervenuti all’assemblea di Confindustria Alto Adriatico (CAA), «bisogna ricominciare a fare figli». Il che significa creare anche le opportunità per accompagnarli, come, per esempio, assicurando salari “giusti”, per usare un’aggettivazione richiamata da Michelangelo Agrusti, presidente della stessa CAA.

Francesco Dal Mas

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