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Nicola, missionario digitale nel nome di Gesù. Il 12 ottobre a Castellerio

Portare la fede nell’ambiente digitale, “abitandolo” (come si abita ogni ambiente) con lo stile del Vangelo. Una presenza e un annuncio freschi, che corrono lungo la fibra di internet o nell’etere con le connessioni cellulari. Su queste riflessioni poggia l’iniziativa di “Pastorale digitale” che sarà proposta sabato 12 ottobre, a partire dalle 16, in seminario a Castellerio. L’appuntamento, chiamato “Testimoni digitali di speranza”, avrà luogo il giorno della memoria del Beato Carlo Acutis, giovanissimo che, tra le altre cose, era un appassionato diffusore del Vangelo sui canali digitali. All’incontro del 12 ottobre sono invitati adolescenti e giovani, catechisti e operatori pastorali della comunicazione. Sarà presente anche l’arcivescovo Riccardo Lamba, che presiederà un momento di preghiera.

Tra i vari momenti, il pomeriggio proporrà la testimonianza di Nicola Camporiondo. 18 anni, vicentino, su TikTok – il social media diffusissimo tra gli adolescenti, nato per i “balletti” e ora utilizzato per i video brevi – ha un seguito di oltre 160mila followers, senza contare altre piattaforme come Instagram.

Nicola, come è nata questa avventura “cristiana” sui social media?

«Come molti giovani stavo sui social per passare il tempo. Sono nato in una famiglia cristiana che mi ha abituato a vivere la Parrocchia e la Messa. Dopo la pandemia, quando sono rientrato in Parrocchia mi sono accorto che i giovani non c’erano e l’età media era molto alta. Mi sono chiesto il perché…»

E che risposta hai trovato?

«Evidentemente in famiglia non parlavano di Dio, non hanno avuto modo di conoscerlo… oppure il catechismo non è stato efficace. Così ho iniziato a usare i social per raccontare la mia esperienza in Parrocchia. Molti giovani si sono incuriositi e si è creato un pubblico. Non è stato voluto, ma il pubblico è arrivato e sono contento!»

Che tipo di contenuti pubblichi su TikTok?

«Generalmente pubblico video inerenti alla mia esperienza di fede, al servizio in Parrocchia. Qualcuno mi fa domande su opinioni personali o sulla Chiesa in generale, a cui provo a rispondere con brevi filmati. Spesso pubblico anche contenuti sulla vita di Gesù o su particolari festività del calendario liturgico.»

Per esempio?

«Pensiamo all’Immacolata Concezione: pochi conoscono il significato della festa, allora pubblico qualche spezzone di film o qualche spiegazione legata al giorno. Così chi la “festeggia” senza conoscerne il significato può saperne qualcosa in più. Può sembrare strano, ma questi contenuti hanno molto seguito.»

Sono contenuti che piacciono a tutti… o ricevi critiche?

«Di critiche ne arrivano tante e talvolta (sorride, ndr.) arrivano più dai credenti che dai non credenti. Spesso arrivano polemiche da persone molto vicine ad ambienti tradizionalisti, così come da credenti più progressisti. Giungono critiche da non credenti o fedeli di altre religioni. Spesso mi capita di avere un dialogo costruttivo con alcuni, mentre con altri si fa più fatica. Ho ricevuto anche insulti, talvolta addirittura minacce di morte su Instagram. Ma pazienza, si va avanti.»

Nicola, i numeri fanno girare la testa: come si sta sapendo che i tuoi contenuti saranno visti da decine di migliaia di persone?

«È una grande responsabilità: devi stare attento a quello che dici e ciò che fai. Da parte mia pubblico qualcosa che rispecchia la realtà, ciò che vivo in paese oltre che sui social. Cerco di avere mille accortezze, ma in fondo penso che ciò che faccio possa aiutare molte persone che mi scrivono, ringraziano o chiedono un aiuto. È un frutto di cui sono contento, mi spinge a continuare nonostante la gran responsabilità.»

Secondo te qual è lo stile che più si addice a un cristiano on-line?

Come dicevo poc’anzi, i contenuti che una persona pubblica on-line devono essere lo specchio della sua vita. L’ho provato sulla mia pelle: quando dici qualcosa on-line poi devi essere coerente anche nella vita reale, quando incontri persone che ti conoscono, sanno chi sei e si accorgono se sei sincero. Un cristiano on-line però dev’essere soprattutto aperto.»

Cosa intendi?

«Intendo dire che anche on-line è giusto far leva su certe posizioni della Chiesa, è giusto spiegarle, ma è necessario farlo con spirito di dialogo: un cristiano chiuso nelle sue idee, che fatica a confrontarsi con chi ha idee diverse, dà l’immagine di una persona chiusa e, di conseguenza, di una Chiesa chiusa. Quindi apertura al dialogo e vivere quotidianamente il Vangelo che si prova a predicare on-line.»

Fai parte anche del gruppo “La Chiesa ti ascolta”, un insieme di circa novanta missionari digitali italiani nato nel contesto del Sinodo 2023-2024. Che esperienza è far parte di questo gruppo?

«È pure una grande responsabilità: si è parte di una comunità in cui tutti portiamo contenuti diversi. Sapere che anche il mio contributo può essere utile, nel suo piccolo, è una grande responsabilità. Poi è bello: ognuno evangelizza sui social a modo suo, ma quando ci troviamo “facciamo comunità”: parliamo dei contenuti che pubblichiamo, delle preoccupazioni, ci scambiamo consigli, è bello e porta frutto a tutti: a ciascuno di noi e all’intera community digitale.»

Giovanni Lesa

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