Non lo si può negare: gli ultimi anni hanno visto una virtualizzazione massiva delle comunicazioni, delle relazioni e dell’istruzione. Neppure la liturgia è esente dalla voracità mediatica che ha ci investito con il rischio, per nulla remoto, di trasformare la liturgia in una sorta di show dove, appunto, ciò che conta è guardare. La tendenza a “disporre” della liturgia in modo che possa comunicare meglio e di più ha generato anche l’abitudine di “manomettere” la celebrazione dal suo interno, talvolta sfregiandola in una serie di abusi che tradiscono la verità del rito. La coscienza di questo fenomeno ha guidato il convegno dell’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova tenutosi nel maggio di quest’anno, convegno i cui atti sono stati raccolti in un volume a cura di mons. Loris Della Pietra, direttore dell’Istituto, che sarà presentato giovedì 10 ottobre, alle 17.30, alla libreria Paoline di via Treppo a Udine.
Se l’interesse dell’Istituto di Liturgia Pastorale di Padova è volto all’indagine circa la capacità dell’uomo di celebrare, oltre ogni riduzione contenutistica dei riti, il volume – intitolato “La liturgia manomessa” (ed. Clv) – tenta di confrontare la pretesa di immediatezza tipica del clima culturale contemporaneo con le caratteristiche del linguaggio rituale quale mediazione umana per fare esperienza del mistero. Presumere di fornire concetti o istanze sociali servendosi in modo arbitrario del rito crea le condizioni per possibili abusi. Infatti, la disobbedienza alla norma liturgica per favorire il potere personale è l’esito di un’incomprensione del senso teologico ed ecclesiale del rito. In questo la forma rituale è semplicemente strumentale e non più generatrice di esperienza spirituale. Secondo questo punto di vista non sarebbero i contenuti a scaturire dalla forma celebrativa, ma la forma non sarebbe altro che la trasposizione di contenuti prodotti a monte rispetto ad essa. La liturgia verrebbe ridotta ad un contenitore di nozioni il più delle volte irriconoscibile nel mutare dei contesti e delle assemblee.
Presidenza liturgica troppo invadente
Il volume che sarà presentato giovedì 10 analizza anche il fenomeno delle distorsioni della presidenza liturgica. Una sorta di “presenza invadente” di chi guida la celebrazione che interferisce con l’esperienza spirituale del rito.
Anche la tendenza a riprodurre e rilanciare mediaticamente le celebrazioni liturgiche rischia di trasformarle.
Quando la liturgia diventa un “set”
Un fattore di particolare manomissione consiste nella trasmissione mediatica della liturgia. Il bisogno di “riprendere” e “trasmettere” l’evento denso e significativo del rito è un’esigenza che interpella i credenti. È quanto mai necessario un equilibrio da parte dei mezzi di comunicazione contemporanei, soprattutto in questa epoca dominata dai social, al fine di salvaguardare l’identità della liturgia vissuta nel corpo e nel tempo. La trasformazione di una celebrazione in un “set” snatura il senso della liturgia poiché passano in secondo piano le azioni e le emozioni ed emerge la loro descrizione mediatica, sempre in seconda battuta rispetto al rito vissuto.
La riduzione della celebrazione ad una scena da catalogare e di cui potersi appropriare sorpassa la realtà del corpo e trascura la percezione. La fede, invece, si sostanzia di azioni vissute nel presente da un’assemblea convocata e animata dallo Spirito.
Liturgia, evento nel quale si è immersi
Il delicato equilibrio tra il rito compiuto e il rito trasmesso sta proprio nella consapevolezza da parte dei credenti che la liturgia è un evento nel quale si è immersi. Ritoranre ad essa attraverso una sua ripèroduzione mediatica è un espediente che non può eguagliare la ricchezza della partecipazione vissuta in pienezza.
Sebastiano Bertin