Dal Vangelo secondo Luca Lc 3,10-18
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Parola del Signore.
Commento al Vangelo del 15 dicembre 2024,
III domenica di Avvento
A cura di don Alberto Paschini
Nella tradizione liturgica la terza domenica di Avvento ha un carattere gioioso – viene anche chiamata “domenica Gaudete” – che si riflette nella prima lettura tratta dal profeta Isaia e nell’antifona d’ingresso: «Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto: rallegratevi. Il Signore è vicino!» (Fil 4, 4.5).
Forse molti faticano a trovare nella loro vita e nelle loro relazioni motivazioni valide per essere nella gioia: incomprensioni, tensioni, attese, angosce, malattie ci tengono piuttosto in uno stato costante di preoccupazione che rende incerto il cammino, come fa la nebbia che facilmente si trova per strada nelle serate umide di questo periodo. Certamente bisogna prestare maggiore attenzione per non sbandare, bisogna rallentare, andare adagio. Ma non ha senso fermarsi! Si ferma colui che non ha più speranza di arrivare alla meta oppure colui che, distratto dalla lunghezza del viaggio, vaga qua e là spaventato o confuso. La gioia, invece, «è un elemento centrale dell’esperienza cristiana» (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata mondiale della Gioventù 2012). La gioia è il principale frutto della virtù della speranza che, quando abita il cuore, ha la forza di ricordarci verso quale meta siamo diretti anche se attorno a noi dovessero esserci solo oscurità e nebbia; la speranza ha la capacità di rimetterci in carreggiata anche qualora dovessimo sbandare o smarrirci, ricordando che niente e nessuno precludono la meta a chi lotta con tenacia per arrivarci.
E se siamo convinti che, per noi cristiani, la meta è abitare il regno di Dio, sappiamo anche che la speranza viene sostenuta dalla consapevolezza di aver compiuto la sua volontà (Mt 7,21). Per tale motivo, in questa domenica anche noi ci mettiamo in coda con quelli che vanno da Giovanni il Battista, ascoltando in modo martellante e ripetendo la domanda «Che cosa dobbiamo fare?». Tutti vanno dall’uomo di Dio, che assomiglia alla sentinella che al limitare della notte scorge in lontananza l’alba e rincuora i suoi concittadini. Soldati, pubblicani, folle intere aspettano da Giovanni un annuncio di speranza, una parola che li apra alla possibilità di riscattarsi: non vogliono cedere alla tentazione di sentirsi delle “cause perse”. Giovanni il Battista, fedele alla sua missione profetica, mostra a ciascuno la via della conversione, fatta di giustizia, equità, attenzione e compassione ai bisogni del fratello. Alle folle Giovanni dice di condividere le cose essenziali del vivere. Ai pubblicani dice di non pretendere, di non esigere “nulla più dello stabilito”. Ai soldati dice di non maltrattare e di non estorcere o far torto.
L’invito rivolto a tutti è mettere dei limiti al proprio potere per far vivere gli altri. Forse ci risulta ancora difficile comprendere come questi consigli possano essere destinati anche a noi, oggi. E forse è ancor più complicato capire come l’invito a porci dei limiti possa offrirci la gioia promessa dalla liturgia di questa domenica, immersi come siamo in un mondo che ci stimola a realizzarci senza far troppo caso ai bisogni degli altri e che ci autorizza a calpestare, se dovesse rendersi necessario, per arrivare allo scopo. Invece, la strada tracciata dal Vangelo ci mostra che una conversione autentica è fatta di gesti concreti, di bene pensato e realizzato, di attenzione e affetto che superano le nostre umane possibilità per dilatarsi secondo la misura dell’amore di Dio.
Attraverso questi segni concreti potremo raggiungere la comunione con la volontà del Signore e solo questo potrà restituirci la speranza, potrà generare una gioia profonda che non ci abbandona neanche nelle fatiche e nelle difficoltà, perché sapremo che «Il Signore è vicino».
don Alberto Paschini