Nella terza del tempo ordinario – quest’anno il 26 gennaio – la Chiesa è invitata a sostare su quel bene inestimabile che è la Parola di Dio. È la Domenica della Parola, che Papa Francesco nel 2019 ha istituito con il Motu proprio “Aperuit illis”.
È necessaria una “domenica” apposita, dal momento in cui la Scrittura è a nostra disposizione tutti i giorni dell’anno? «Almeno per un giorno si vuole ribadire l’importanza essenziale di questo nutrimento per la vita dei credenti come singoli e come comunità» ricorda mons. Loris Della Pietra, direttore dell’Ufficio liturgico diocesano. «Non è possibile pensare i nostri programmi pastorali o i nostri sentieri di vita cristiana senza la luce di una parola più alta e di una volontà più profonda delle nostre».
In aggiunta, nel corso dell’anno giubilare lo stesso Papa Francesco nella bolla di indizione dell’Anno Santo, “Spes non confundit”, ricorda come la parola di Dio (e in particolare il Vangelo) sia un aiuto per «ritrovare le ragioni» per «rianimare la speranza». «Lo afferma, in musica, anche l’inno del Giubileo – ricorda mons. Della Pietra – quando, nella sua prima strofa, dice che “Ogni lingua, popolo e nazione trova luce nella tua Parola”».
La formazione dei lettori
Riguardo alle persone incaricate di proclamare la Parola di Dio durante le liturgie, mons. Della Pietra ricorda come «È sempre più importante curare la formazione dei ministri della Parola, lettori in primo luogo. Così come il salmo responsoriale, un testo lirico e dunque destinato al canto. Quando viene proclamata, la Parola si spazializza, si fa spazio e dunque ha bisogno di un luogo conveniente, dignitoso solenne, dal quale il Signore continua ancora a rivelarsi al suo popolo».
Un sussidio per “Celebrare la Parola”
L’ufficio liturgico diocesano offre alcune indicazioni per celebrare la Domenica della Parola nelle celebrazioni del 26 gennaio, indicazioni riassunte in un leggero sussidio pubblicato in digitale sul sito dell’Ufficio liturgico stesso. «Si tratta – prosegue il direttore dell’Ufficio liturgico – soprattutto di valorizzare dal punto di vista simbolico il libro della parola, il Lezionario o la Bibbia. O, le chiese in cui è presente, l’Evangeliario. Ma si tratta in modo ancora più significativo di valorizzare il “celebrare la Parola”. Nella liturgia, essa non è tanto oggetto di studio quanto è invece di celebrazione. È Cristo che parla alla sua Chiesa».
Giovanni Lesa