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L'editoriale

Educatori e baby gang

Prima le minacce sui social, poi l’occasione per la resa dei conti a riguardo di una relazione sentimentale contesa. Pare, quindi, che tutto sia stato studiato e premeditato per arrivare a quel triste sabato pomeriggio in un grigio parcheggio di un centro commerciale di Udine, dove avviene di nuovo quello che sempre di più accade con lo stesso copione tra i giovani. A farci le spese sono due ragazze, una in particolare vittima di tutto ciò che la buona educazione non è riuscita a guadagnare e incidere verso le coscienze di un gruppo di giovani (non meno poveri e fortunati) che passeranno dalla parte di “coloro che le hanno date” e che se ne andranno almeno soddisfatti dell’impresa, registrata come al solito dagli immancabili reporter fai-da-te con lo smartphone.

Hanno ben imparato che lo scopo di questo mondo o, meglio, del “loro” mondo sono l’audience tradotta in “like”, con relativi commenti di gradimento e consenso. Leggendo gli articoli e la narrazione riportata dai notiziari si rischia poi di scivolare via su ciò che ha impedito che il fatto divenisse persino una catastrofe, ovvero di non dare la giusta attenzione a coloro che sono intervenuti per porre fine al pestaggio e rompere quella bolla opaca di follia in cui erano immersi tutti quegli adolescenti. Continuo, quindi, a seguire la cronaca del fatto con il coinvolgimento della famiglia della vittima, a cui va la nostra solidarietà e vicinanza, le denunce alle autorità, un tempo doveroso per le indagini e per poter elaborare l’accaduto con le conseguenti e necessarie riflessioni.

L’evento mi ha fatto particolarmente pensare, forse per la sceneggiatura del fatto accaduto in quel parcheggio e dei suoi moventi, che sono diventati ormai classici.

Le notizie riportano sempre di più fatti simili, senza negare che il fenomeno delle lotte, dei litigi e delle risoluzioni tra giovani è sempre esistiti. Ora ciò che forse diventa pesante e intollerabile è la velocità con cui girano le notizie e con cui dilagano le emozioni che vi sono connesse. Ciò che accade lo si sa immediatamente, non c’è modo per interpretare il vissuto e l’accaduto, non c’è un filtro autorevole. Ormai si sa che, sempre di più, quello che faccio può essere colto in trasparenza da chiunque. In casi come questi chi vince acquista una fama granitica, seppur posticcia, fino alla prossima figuraccia, sempre postata, chiaramente. Chi perde ha poi bisogno di un accompagnamento speciale e una cura maggiore.

Non voglio fare un’analisi del fenomeno, però. Scrivo per fare un appello agli educatori, in particolare agli adulti. Vorrei di nuovo puntare l’attenzione sull’intervento di coloro che hanno fermato la zuffa e che, secondo la cronaca, hanno di fatto soccorso la ragazzina. Può essere sembrato un gesto banale, scontato e “dovuto”, da parte di chi forse è abituato a fare così. Ma sottolineo che non lo è. Edmund Burke, politico e scrittore britannico, più di due secoli fa scriveva che “affinché il male trionfi, è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”. In questo caso nessuna azione buona può essere indifferente o considerata inefficace. Nessuno può sapere in anticipo e conoscere ciò che la testimonianza di ciascuno offra alla vita degli altri. Anche interessarsi di ciò che accade, preoccuparsi delle povertà dei nostri giovani e riflettere su cosa fare può essere una forma buona di impegno, chiaramente non l’unica. Se oggi la formazione, l’istruzione e l’educazione dei più piccoli è sempre più spesso demandata all’informazione e alle mediazioni tecnologiche, rischia di venire meno l’immediatezza della persona dell’educatore che, già con la sua presenza, offre un atto educativo.

Siamo in un periodo che ricorda in pochi giorni la Giornata della Memoria e la festa di San Giovanni Bosco, uno dei più grandi educatori dei tempi moderni. Cosa possono avere in comune questi rimandi? Anzitutto accadono a pochi giorni di distanza, quindi siamo invitati in modo importante a ricordare che la cura della società avviene a partire dalla cura e dall’accompagnamento reale ed effettivo delle giovani generazioni, della loro persona e delle loro coscienze. Nulla può sostituirsi alla presenza e all’intervento di chi è chiamato per età, ruolo e posizione a indicare una via possibile per incarnare una vita buona e ricca di senso. Quando ciò non avviene si rischierà sempre di più di vedere o assistere agli spettacoli di cui sopra. A meno che non si intervenga.

Don Davide Miani, salesiani don Bosco

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