È di questi giorni la notizia che pone a confronto gli ingenti investimenti del Friuli-Venezia Giulia nei servizi per la prima infanzia con un tasso di natalità che continua a rimanere basso. Questi interventi non sembrano ancora incidere in modo significativo sull’andamento demografico, ma perché? Una domanda non da poco dato che la crisi della natalità, come tutti i fenomeni complessi, non può trovare risposte semplici essendo influenzata non solamente da fattori economici ma anche da aspetti culturali, sociali e psicologici che vanno oltre il solo potenziamento dei servizi. Volendosi cimentare, tuttavia, in un’analisi così complicata va detto che le politiche orientate al futuro possono essere valutate solamente sul lungo termine resistendo alla tentazione di una valutazione sul “qui e ora”.
Per continuare con l’aritmetica, credo non si possa prescindere dal citare un banale quanto ineludibile dato: la popolazione regionale, così come quella italiana, è in calo e con essa, quindi, la quota di donne in età fertile (rapporto Save The Children 2023). Questo, è evidente, porta a una diminuzione naturale delle nascite, anche a parità di tasso di fecondità. Si tratta di un fenomeno strutturale, che non può essere invertito nel breve periodo e che richiede strategie di lungo respiro per contrastare la tendenza demografica negativa. Uscendo dal terreno della matematica che poco mi appartiene, vorrei provare a proporre un’analisi da punti di vista forse un po’ meno esplorati. Inizierei col paragonare la nostra regione alla nazione che, anche nel senso comune, rappresenta un baluardo della natalità e del welfare: la Svezia. Ebbene la Svezia, non indenne, va detto, da una tendenza in discesa anche se con numeri ben diversi dal resto d’Europa, è un esempio lampante di come alcune ricette possano avere, come effetto “collaterale” inatteso proprio l’incremento della fecondità. Come? Diversi anni fa, la Svezia ha iniziato a investire non sulla maternità ma sulla paternità concependo il suo sistema di congedi parentali per equilibrare il carico di cura tra i due genitori, e il risultato è stato che anche gli svedesi hanno ricominciato a scegliere di concepire (bambini). Le ricerche ci dimostrano che quando il padre è coinvolto attivamente nella cura dei figli, la madre riesce a mantenere la propria carriera e la famiglia ed è più incline ad avere più figli (Fondazione Bellisario). Ma, quindi, “tutto” qui? Purtroppo i dati dicono di no. Spesa, welfare e parità di genere aiutano (tantissimo) ma fra poco (o pochissimo) non basteranno a invertire la tendenza e investire ancor più massicciamente non sarà sufficiente. Nella nostra ricetta complicata, quindi, vanno inseriti ingredienti differenti. I giovani oggi si trovano ad affrontare un’incertezza esistenziale senza precedenti. Un rapporto del Centro Dondena della Bocconi (2024) sottolinea come i ragazzi siano profondamente preoccupati per il futuro, in particolare per la crisi climatica e che la mancanza di risposte concrete a lungo termine incide sulle loro scelte riproduttive. Non è forse lecito domandarsi perché mettere al mondo un figlio se l’unico pianeta che erediterà corre veloce verso la distruzione di tutte le sue risorse? Uno studio, interessantissimo, di Fondazione Menarini (2023) offre a questo proposito uno spaccato che fa riflettere. I ragazzi ci pensano, e parecchio, a diventare genitori ma nella loro grande saggezza si preoccupano di esserne all’altezza.
Da genitore giovanissima quale io sono stata, questo dato mi ha colpito parecchio. In effetti divenuta madre poco più che ventenne, già ventotto anni fa, ho potuto contare su una un rete familiare che oggi è quasi del tutto svanita. La funzione sociale protettiva che le reti parentali allargate offrivano non esiste quasi più lasciando i genitori giovani o i giovani futuri (forse) genitori senza una base sicura a cui attingere nei momenti difficili.
Appare evidente quanto, la percezione della genitorialità come un’impresa solitaria e gravosa, sia uno dei fattori chiave se si vuole comprendere il calo delle nascite. Molti ragazzi sottolineano che il timore di ripetere modelli genitoriali inadeguati, trovandosi ad affrontare la crescita di un figlio senza un supporto, pesa quanto le difficoltà economiche.
Se la società è cambiata e le famiglie si sono ristrette, è indispensabile che il sostegno arrivi da nuove ricette di welfare capaci di offrire sicurezza e accompagnare le persone in questa scelta.
La Regione sta investendo nelle famiglie e auspico che continui a farlo ma senza riaccendere la fiducia dei giovani la genitorialità rischia di restare un peso anziché una scelta per molti anni a venire.
Francesca Mancini
Fonti:
- RAPPORTO LA NATALITÀ E LE SFIDE DELLA GENITORIALITÀ IN ITALIA – UNIBOCCONI
- https://dondena.unibocconi.eu/sites/default/files/media/attach/report_final%20-impa-rev08-04-2024.pdf
- NATALITÀ, POLITICALLY INCORRECT – FONDAZIONE MENARINI
- https://www.fondazione-menarini.it/portals/19/pdf/onradar_atti%20incontro_3_5_2023.pdf
- COME ARGINARE IL CROLLO DEMOGRAFICO: L’EFFICACIA DEI SOSTEGNI ALLE FAMIGLIE – UNIVERSITÀ CATTOLICA
- https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-fertilita_e_spesa_pubblica.pdf