«La Liturgia non ha nessuna altra funzione se non far sentire che Dio è presente nel cammino della nostra vita e ci dà il suo sostegno con la sua Parola, il suo pane e il suo vino. Questo dà speranza». Sono tanto semplici quanto straordinariamente efficaci le parole che don Sebastiano Bertin utilizza per tracciare un cerchio che unisce le parole celebrazione e speranza. Classe 1990, sacerdote dal 2016 per la Diocesi di Padova, don Bertin è docente di teologia sacramentaria all’Istituto di Liturgia pastorale “Santa Giustina”, sempre a Padova. E sabato 22 febbraio interverrà a Udine all’incontro che l’ufficio liturgico diocesano propone a tutti gli operatori della liturgia che svolgono servizio nelle Parrocchie dell’Arcidiocesi: sacerdoti e religiose, ma anche ministri della comunione, lettori e lettrici, coristi e animatori liturgici in genere.
La speranza? «È celebrare una presenza»
«La nostra speranza non è un semplice ottimismo – ha spiegato don Bertin ai microfoni di Radio Spazio –. La nostra speranza è dialogo, relazione, comunione con chi ci apre la strada: il Signore Risorto. Lui è la nostra speranza. Di conseguenza, a fronte di ogni difficoltà e problema presenti nel mondo, celebrare la speranza significa celebrare la presenza di colui che la speranza ce la offre. In questo modo, celebrare la speranza è molto diverso da avere un pensiero positivo, un ottimismo cieco e chiuso. È un altro modo di intendere il bene o il buono».
Per don Bertin considerare la speranza superiore a ogni – pur legittimo – ottimismo significa elevare totalmente il proprio punto di osservazione della realtà: «La speranza sorge dalla consapevolezza che c’è una croce, un dolore, o semplicemente il male. Anche nella mitologia greca la speranza nasce dalle tenebre: il padre di speranza della mitologia greca è Notte. Per noi significa che nella notte del sepolcro, Dio ci ridona la vita. Questa è la speranza cristiana. In questo la liturgia è profondamente sovversiva perché fa entrare tutti noi che la celebriamo in una nuova mentalità costituita dal dono, dall’affrontare il tempo per come arriva, le condizioni del mondo e della società per come sono. E in questo modo mettersi a servizio con carità dei più bisognosi e dei nostri fratelli».
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Senza celebrazione non c’è visione di futuro
Tutto questo vale a maggior ragione in un tempo storico di angoscia, tensioni internazionali e polarizzazioni di ogni sorta, in cui tuttavia la celebrazione liturgica è una ferma breccia di infinito. «Oggi la mentalità comune spinge a salvarsi da soli, “si salvi chi può”. La celebrazione eucaristica in una comunità, invece, è fatta perché siamo salvati insieme; è tutta un’altra mentalità, che richiede una lunga e accurata conversione. Per questo – prosegue don Bertin – la mancanza di celebrazione impedisce di essere sostenuti nell’andare incontro al futuro, a ciò che sarà; nel clima poco sereno che si respira in questo periodo, questa assenza impedisce di affrontare la realtà con lo stile della fede, con lo stile del Risorto».
Il programma dell’incontro
L’incontro di sabato 22 febbraio dedicato agli operatori della liturgia si aprirà alle 14.30 al centro culturale “Paolino d’Aquileia” di Udine, in via Treppo 5/B, con la preghiera iniziale. Seguirà l’intervento di don Sebastiano Bertin, dal titolo: «Celebrare la speranza da pellegrini». Quindi i partecipanti si divideranno in alcuni gruppi di lavoro allo scopo di focalizzare alcuni momenti celebrativi nei quali la speranza è messa particolarmente in luce: il primo gruppo si focalizzerà su “Celebrare il Battesimo dei Bambini: promessa di speranza”; un secondo gruppo invece parlerà di “Parole di speranza nell’ora della morte”; infine “Cantare la speranza: forme e momenti”. Dopo la condivisione della riflessione dei gruppi, il pomeriggio si concluderà con la celebrazione dei Primi Vespri della VII domenica del tempo ordinario presso la vicina chiesa interna dell’Istituto delle Suore della Provvidenza in via Scrosoppi 2.
Giovanni Lesa