«Come ci ha chiesto il nostro padre generale, noi preghiamo per il Papa nelle Messe che celebriamo e, in modo molto forte, nella preghiera personale». Il religioso sloveno Peter Lah è gesuita come il Papa: entrambi infatti fanno parte del medesimo ordine religioso, la Compagnia di Gesù. Dall’autunno alla primavera padre Lah vive nei pressi di Roma e nella capitale si reca ogni giorno per insegnare comunicazione alla Pontificia Università Gregoriana. D’estate, invece, sale quassù in Friuli (anzi, ancora più in alto: sul Monte Lussari) per coordinare la pastorale del Santuario dei Tre popoli.
«Qui a Roma – spiega direttamente dalla città eterna – tutti i cattolici e anche i pellegrini del Giubileo sono consci della situazione di salute del Papa. Ci sono veglie continue davanti al policlinico “Gemelli”, mentre i pellegrini, che spesso vengono da molto lontano, sono dispiaciuti di essere giunti a Roma senza poter incontrare il Papa. Ma capiscono la situazione».

Alla Gregoriana padre Lah è docente di Media e società, oltre che Teorie sociali e metodi di ricerca socio-culturale. Quando gli chiediamo un commento riguardo alle – attesissime – comunicazioni della Santa Sede in merito alla salute del Papa, ci ricorda che «Questo Papa è ovviamente diverso adesso dai predecessori. Ha una malattia che pare stazionaria, è molto debole, eppure i bollettini medici sono precisi. Questo è un segno di trasparenza: il Papa non cerca un trattamento particolare. Lo capisco e in un certo senso lo trovo anche giusto, lui adesso è un malato e ha bisogno di pace».
Mentre prosegue la chiacchierata con padre Lah, in tutto il mondo continuano a moltiplicarsi iniziative di preghiera per il Santo Padre. «Il Papa, come ogni cristiano, è al sicuro nelle buone mani di Dio», commenta il gesuita. «Personalmente prego per la sua forza e per la sua serenità. Quello che gli serve in questo momento, alla sua età e nella sua condizione medica, è una fede salda, una forza e una serenità. Penso che questi doni il Papa li ha. È per questo che prego in modo particolare».

Il Rosario quotidiano in piazza San Pietro. «C’è tutto il mondo»
A proposito di preghiera, in aggiunta alle iniziative locali ogni sera prosegue la recita del Santo Rosario alle 21 in Piazza San Pietro, trasmesso in diretta su TV2000 e sui canali digitali dei media vaticani. In una delle prime serate ha partecipato anche il friulano Luigi Papais, segretario dell’Ufficio diocesano migrantes, che ha recentemente trascorso alcuni giorni a Roma. «Nonostante il cattivo tempo, la gente ha partecipato. Sia singole persone, sia comitive provenienti dall’Italia e dall’estero», afferma Papais. Le immagini confermano questa descrizione: ogni sera Piazza San Pietro si dipinge con i colori del mondo, con laici, religiosi e sacerdoti asiatici, africani, europei, americani. Tutti, però, uniti da una stessa intenzione: sostenere con la preghiera il cammino di Francesco. «Ci sono molti argentini in questo periodo a Roma e in generale molti pellegrini che affollano le basiliche», constata Papais. «Anche i turisti che frequentano la città si recano a San Pietro. È significativo e bello che alla fine si canti l’antica preghiera dell’“Oremus pro Pontifice nostro” in lingua latina: unisce davvero tutti i popoli». Dóminus consérvet eum, prosegue la preghiera. Il Signore lo conservi. È questo il miglior auspicio che possiamo rivolgere al Papa.
La preghiera dei Vescovi del Nord-est
Le Chiese e i Vescovi del Nord-est continuano a stringersi in preghiera, con grande affetto, intorno a Papa Francesco in questo tempo di prova e sofferenza. I pastori hanno pregato, insieme, nel corso dell riunione della Conferenza Episcopale Triveneto, svoltasi martedì 4 marzo nella sede di Zelarino (Venezia). Alla preghiera per la salute del Santo Padre si è unito un appello per invocare pace nel mondo.