Abbonati subito per rimanere sempre aggiornato sulle ultime notizie
Bassa FriulanaChiesa

Don Gianni Medeot. Da Grado un padre spirituale sulla Vespucci

Gradese, 46 anni, don Gianni Medeot è il cappellano militare della Nave scuola “Amerigo Vespucci”, accolta di recente a Trieste dopo 20 mesi di navigazione in giro per il mondo. Lo storico veliero della Marina militare, infatti, su iniziativa del Ministro della Difesa, Guido Crosetto, con l’intento di promuovere una delle eccellenze del Made in Italy ha toccato cinque continenti approdando in oltre 30 porti di 28 Paesi. Oltre 400 mila i visitatori coinvolti e in molti potranno ancora conoscere da vicino la Vespucci che, ora ferma nel porto di Trieste per lavori di manutenzione, a breve partirà alla volta di Venezia e poi lungo le coste italiane, giungendo il 10 giugno a Genova per la Festa della Marina. In buona parte del tour mondiale a bordo della Nave scuola – che è chiesa giubilare – c’era anche l’assistente spirituale originario di Grado.

La celebrazione della Santa Messa a bordo della nave scuola “Amerigo Vespucci”

Don Medeot, quando è iniziato il suo servizio come cappellano militare?
«Ho frequentato gli ultimi anni di seminario a Roma all’Ordinariato militare per l’Italia e dopo la licenza alla Pontificia Università Lateranense in Ecclesiologia sono stato ordinato sacerdote e quindi sono diventato cappellano militare. Dopo il servizio come diacono all’ospedale militare Celio a Roma, sono stato assegnato al reggimento Lagunari Serenissima a Venezia. Ho potuto fare alcune missioni all’estero, in Kosovo e in Afghanistan. Sono stato vice rettore del Seminario militare a Roma finché sono tornato a Venezia per assistere spiritualmente gli allievi della scuola navale militare Morosini. Ho fatto diversi imbarchi sulla Vespucci come cappellano e prima ancora come militare».

La prima volta, quando?
«Nel 2001, da giovane seminarista, a metà degli studi teologici al seminario di Castellerio, ho vissuto un’esperienza esterna. All’epoca c’era la leva obbligatoria e ho chiesto di fare il servizio militare, così mi sono imbarcato per il primo giro del mondo della Nave scuola. 18 mesi di navigazione, attraverso tre oceani e toccando cinque continenti. Un’esperienza affascinante e lì è nata quella che mons. Angelo Bagnasco, allora Ordinario militare per l’Italia, ha definito “la vocazione nella vocazione”».

Don Gianni Medeot è stato anche in missione in Kosovo e Afghanistan

Un ricordo di quel momento?
«Alla vigilia dello sbarco, mentre salutavo i membri dell’equipaggio, un giovane mi si avvicinò e disse: “Ora che vai via anche tu restiamo soli”. Questa persona non aveva mai partecipato ad alcuna celebrazione o iniziativa di catechesi. Gli chiesi spiegazioni. “Don Gianni, anche il solo fatto di sapere che ci sei ci fa stare meglio”. Una frase che mi ha fatto riflettere e decidere di abbracciare la vita militare anche nel sacerdozio».

Cosa significa fare il cappellano di una nave?
«Come in qualsiasi parrocchia il mio servizio è quello di un normale prete: celebrazioni di messe, confessioni, sacramenti, catechesi. In uno spazio contenuto dove possono esserci fino a 400 persone – l’equipaggio fisso è di 250 addetti e quando si imbarca l’Accademia ci sono in più 150 giovani – quotidianamente la pastorale è diretta alla singola persona. È una pastorale della presenza: si ascolta tanto, si cerca di dare qualche risposta, ma il segreto è quello di stare il più possibile con tutti, condividendo la stessa sorte. Insomma, è il caso di dire che siamo tutti sulla stessa barca, per cui anche il cappellano cerca di non essere estraneo alle varie attività».

In mensa sulla Vespucci con parte dell’equipaggio che può arrivare a contare 400 persone

Quali sono le richieste che maggiormente riceve?
«Per lo più sono di preghiera, colloquio, confronto e tante volte di sfogo. Questo non solo in nave, ma anche nelle missioni dove spesso mi è capitato di rassicurare gli stessi familiari con qualche telefonata quando i militari non potevano chiamare a casa».

Cosa pesa di più quando si è in mare per tanti mesi?
«Il problema più grande è sempre la lontananza da casa, il pensiero per la salute di qualche familiare, per le difficoltà della moglie a gestire la quotidianità e i figli da sola… Anche chi sembra spensierato, prima o poi ha bisogno di sfogarsi e di parlarne»…

L’intervista completa con don Gianni Medeot, a firma di Monika Pascolo, è pubblicata sul settimanale “la Vita Cattolica” del 19 marzo 2025.

Articoli correlati