Esternalizzazioni, privatizzazioni, partenariato pubblico-privato. Su questi termini si è aperta una discussione in questi giorni dopo che è stato programmato di affidare al privato la gestione del Pronto Soccorso (e di altri servizi) dell’ospedale di Latisana e l’intero ospedale di Spilimbergo.
L’esternalizzazione implica il trasferimento della gestione di un servizio a un ente esterno, mantenendo la proprietà pubblica del servizio.
Il partenariato pubblico-privato in sanità è una forma di cooperazione tra il settore pubblico e quello privato in cui gli attori coinvolti si pongono obiettivi comuni.
La privatizzazione, invece, comporta la cessione della proprietà di un servizio pubblico a un attore privato.
La presenza del privato in sanità caratterizza da anni tutti i sistemi sanitari (anche quelli “universalistici”) e sfugge ai cittadini il fatto che hanno giornalmente contatto con una forma diffusa di “privato”: il medico di Medicina Generale (MMG) infatti è un libero professionista “convenzionato” con un contratto nazionale diverso da quello dei dipendenti (medici e non) del Sistema Sanitario Nazionale (SSN), che invece rispondono a un contratto della Pubblica Amministrazione. Lo status di libero professionista del MMG è quello che si incontra nella maggioranza dei paesi europei.
Negli ultimi 20 anni il privato ha acquisito in sanità un ruolo maggiore di pari passo con il definanziamento (inevitabile?) del SSN iniziato almeno dal 2011. In Friuli-Venezia Giulia il peso rilevante del privato è un fenomeno relativamente recente.
Occorre dire che è poco utile affrontare il problema in modo preconcetto!
I fatti dimostrano che il pubblico può utilmente avvalersi del privato, ma anche che il privato non è necessariamente migliore del pubblico e che – inevitabilmente – è orientato anche a perseguire il profitto limitando i rischi: evita l’urgenza, preferisce la attività chirurgica in elezione lasciando al pubblico le attività di maggior impegno e rischio (traumatologia, chirurgia d’urgenza, terapia intensiva…).
Il privato, inoltre, può offrire ai propri dipendenti condizioni di lavoro che meglio si conciliano con la vita familiare e la vita sociale: il lavoro programmato (e selezionato) è meno usurante di quello, imprevedibile, in urgenza, si svolge quasi esclusivamente nei giorni feriali e riduce in modo significativo, per alcuni professionisti, il lavoro notturno. Anche per questo si sta verificando un fenomeno molto allarmante: lasciano l’ospedale per il privato professionisti formati (nel pubblico), determinando ulteriori difficoltà ad un sistema già sotto pressione in alcune specialità.
Peraltro risulta una forzatura l’affermazione che “nel momento in cui ai servizi affidati ai privati si accede gratuitamente”, questi diventino “servizio pubblico”.
L’esempio di poche settimane fa con la minaccia della sospensione delle agende da parte dei privati convenzionati come protesta per il nuovo tariffario è abbastanza significativa, come lo è l’ indisponibilità di alcuni sindacati al coinvolgimento dei MMG nell’attività delle Case della Comunità con il rischio di compromettere la realizzazione più importante della riforma dell’assistenza territoriale. D’altra parte nessuno può “costringere” i MMG (forse anche da questa difficoltà nasce la “tentazione” di proporne la “dipendenza”)!
Si può quindi concludere che la questione cruciale diventa non se avvalersi del privato, ma come avvalersene ed in quali ambiti, considerando quali conseguenze possano verosimilmente derivare all’ attuale funzionamento del sistema ed a quello futuro, al clima interno delle Aziende sanitarie e alla “fiducia” dei cittadini e dei professionisti.
In sintesi: al di là della diatriba privatizzazione/esternalizzazione, si può sostenere che devono obbligatoriamente essere valutate le ricadute delle decisioni: non è un caso per esempio se dal Ministro Schillaci è venuta già due anni fa l’indicazione ad evitare contratti con le “cooperative” per “coprire” i vuoti di organico del Pronto Soccorso. Il rapporto contrattuale con una cooperativa invece che con il singolo professionista riduce la possibilità di valutarne le competenze (in particolare dei professionisti provenienti da paesi extracomunitari) scegliendo i più adatti a svolgere il ruolo e la massiccia presenza di “gettonisti” nei gruppi di lavoro crea evidenti criticità!
In generale quindi lascia perplessi l’affidamento ad “aziende esterne” di funzioni “core” dell’attività ospedaliera mentre, è probabilmente utile la collaborazione (tramite accordi trasparenti e precise finalità) con un privato che svolga una attività complementare e non sostitutiva di quella pubblica. La questione dell’Ospedale di Spilimbergo – infine – potrebbe aprire una problematica ancora più complessa (qualcuno pensa ad un “Monastier del Friuli Occidentale”?) che può essere affrontata solo con una discussione/decisione a livello del consiglio regionale.
Valentino Moretti
presidente NET/WORKsaluteFVG