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Dazi, a rischio Pinot e Prosecco

La data che fugherà ogni dubbio è quella del 2 aprile, quando il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, stabilirà la portata dei temuti dazi sulle merci targate Ue, dopo che nei giorni scorsi ha annunciato tassazioni del 200 per cento per i vini prodotti in Europa. Parole, al momento soltanto parole, ma in grado di generare un terremoto che in tempo reale si è abbattuto sulle Borse, scatenando il panico tra i produttori di vini europei. L’assessore regionale Sergio Emidio Bini, alla presentazione di Vinitaly 2025, in programma dal 6 al 9 aprile, ha invitato ad evitare allarmismi. Ma i produttori vitivinicoli stanno con il fiato sospeso e guardano al mercato oltreoceano con timore.

In Italia, trema il Nordest, dal momento che Veneto e Friuli-V.G. sono tra i maggiori esportatori di vini pregiati e hanno con gli Usa un rapporto commerciale stabile e di vecchia data.

Sulla Vita Cattolica del 26 marzo 2025 Marta Rizzi ha raccolto le preoccupazioni di Martin Figelj, presidente di Coldiretti del Fvg, e Stefano Trinco del Consorzio Doc Friuli. Gli Stati Uniti, terzo mercato di sbocco per la regione, valgono il 9,3 per cento delle esportazioni, per un valore di 7,6 miliardi totali nel 2023, dato confermato anche dal trend registrato nei primi nove mesi del 2024. «Se i dazi verranno applicati così come annunciato da Trump, si concretizzerà un problema grossissimo, che riguarderà tutto l’agroalimentare – ha spiegato tra l’altro Figelj –. La crescita di export verso gli Usa negli ultimi anni è legata soprattutto alle bollicine, quindi spumanti e Prosecco».

Che il tycoon fosse imprevedibile e che fosse meglio correre ai ripari per tempo, evidentemente i produttori friulani l’avevano capito fin dalla sua vittoria alle presidenziali di novembre, tanto che, come ha raccontato il presidente di Coldiretti Fvg, «molti si sono mossi già nel mese di gennaio, esportando moltissimo vino negli Stati Uniti. I timori sui dazi c’erano, ma si parlava di tassi del 20% a partire da aprile; arrivare al 200% è incredibile, sembrano davvero cifre irreali». Qualche esempio? «A New York un bicchiere di Pinot grigio in enoteca costa circa 16 dollari. Se i dazi del 200 per cento diverranno realtà, lo stesso calice arriverebbe a costare 50 dollari. Usciremo completamente dal range di prezzo dei vini al bicchiere che diventeranno troppo costosi, relegando i nostri prodotti alla sola vendita in bottiglia. Il problema è che i grandi volumi si fanno coi vini serviti al calice. È chiaro che per un Pinot Grigio, che è il vino più venduto al bicchiere negli Usa ed è prodotto soprattutto nel Nordest d’Italia, uscendo fuori da quel mercato i volumi si bloccherebbero del tutto. Altri vini come ad esempio il Barolo, che già ha dei prezzi importanti sulla carta, con i dazi al 200 per cento non potrebbe avere più mercato».

«In questo clima di incertezza, da gennaio in poi – ha affermato Trinco – negli Stati Uniti ci sono molti timori e poca serenità e gli effetti già si vedono, con la contrazione dei consumi».

L’articolo integrale a firma di Marta Rizzi si può leggere sulla Vita Cattolica del 26 marzo 2025

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