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Opinioni

In un Friuli senza forza lavoro attenti a non ostacolare i rientri

Il Decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, “Disposizioni urgenti in materia di cittadinanza” introduce nuovi e stringenti restrizioni alla trasmissione della cittadinanza italiana per discendenza “ius sangiunis”, così come precedentemente disciplinata dalla Legge 5 febbraio 1992, n. 91, limitando d’ora in poi alla seconda generazione di discendenti la possibilità di diventare italiani. In altre parole, viene escluso da tale diritto circa il 90% dei potenziali aspiranti all’acquisizione che vivono in America Latina.  Prima del decreto in questione, quanti dimostravano di appartenere a famiglie di connazionali partiti dall’Italia dal 1861 in poi, non avevano nessun limite.

Sicuramente si tratta di troppe generazioni per poter dimostrare un legame affettivo con la nostra Repubblica, anche se per ottenere il diritto al nostro passaporto occorrono delle volte più di dieci anni. Non pochi però sono stati gli episodi di documenti falsi e altri fenomeni di mal costume, ampiamente documentati dalle nostre televisioni e dai giornali (trafficanti, personale di alcuni consolati accondiscendenti e altro). Gli appartenenti al FVG presenti in America Latina iscritti all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE), sono circa 70 mila -tre quarti friulani- presenti soprattutto in Argentina (46.600), Brasile (13.500) e altri in Uruguay, Venezuela, Cile. Quindi, soggetti con passaporto italiano e diritto di voto alle elezioni politiche. Per ogni iscritto all’AIRE si stima che ci possano esserci altri dieci italodiscendenti potenzialmente interessati al beneficio. Un numero impressionante. Inutile sottolineare la reazione negativa provocata dal provvedimento adottato dal nostro Governo da parte della vasta platea di italodiscendenti interessati al doppio passaporto, scesi in strada per protestare, con assembramenti davanti a consolati ed ambasciate. Disillusione e amarezza fatte sentire anche da parte dei friulani, emigrati in quei luoghi da oltre 150 anni, partiti numerosi da tutto il Friuli, in primis da Gemona, Cividale, Fagagna, Cordenons, Maniago e Spilimbergo.

Ne sa qualcosa l’Ente Friuli nel Mondo, che solo in Argentina ha più di 40 Fogolars e che sta ricevendo telefonate e messaggi di vibrata protesta di corregionali da tutto il Sudamerica. Va ricordato che ai numerosi eventi organizzati dai Fogolars presenti in quel contesto geografico vi partecipano anche tanti giovani, che sperano sommessamente di poter acquisire la cittadinanza italiana, dimostrando comunque il loro legame con la Madre Patria e con il Friuli, del quale conservano lingua e tradizioni. Ne fanno testo le numerose richieste di notizie e certificazioni relative ai loro antenati ai nostri Comuni, alle Parrocchie e alle Curie vescovili, atte a dimostrare una reale italo discendenza, seppur remota. Infatti, ben pochi sono gli emigrati partiti per il Sud America negli ultimi sessant’anni, mentre nel periodo 2010-2025 gli iscritti all’AIRE appartenenti alla nuova emigrazione giovanile spostati per Europa, America del Nord, Australia sono aumentati di ben 60 mila unità, portando così il numero complessivo di corregionali all’estero da 140 mila a 200 mila persone.

L’UNAIE, struttura rappresentativa dei sodalizi di emigrazione del Triveneto, alla quale aderisce Friuli nel Mondo, pur consapevole che per porre rimedio a queste anomalie sono necessari alcuni correttivi, ha rappresentato alle sedi competenti il malcontento dei nostri aderenti che si trovano all’estero. Viene messo in discussione il metodo con cui è stato adottato il provvedimento in questione, ora al Senato per la conversione in legge. Tale modalità di procedere è palesemente ingiusta, poiché non vi sussistono i motivi di comprovata urgenza previsti dall’art. 77 della Costituzione Italiana. Inoltre, trattandosi di un diritto civile costituzionalmente tutelato, la materia è di competenza parlamentare, da affrontare attraverso un disegno di legge che prenda in considerazione anche i contenuti di altre proposte già depositate sia alla Camera che al Senato. Ne è convinta in tal senso pure la nostra Amministrazione Regionale, che si è da subito associata al coro delle proteste, in quanto particolarmente interessata al rientro nel nostro territorio dei giovani all’estero, purché vi possano rimpatriare con passaporto italiano.

Nessuno nega la necessità di ridurre il numero di generazioni di italodiscendenti da ammettere al diritto di cittadinanza. Allo stesso tempo è necessario il potenziamento dei consolati, oberati di lavoro per queste e altre pratiche, con organici dimezzati negli ultimi dieci anni. Un esempio di carico eccessivo di lavoro riguarda il Consolato Generale di Porto Alegre, in Brasile, dove giacciono da anni oltre 110 mila prenotazioni di appuntamento, mentre nei Tribunali italiani ci sono più di 70 mila ricorsi da esaminare. Vanno, una volta per tutte, anche inasprite le sanzioni per quanti presentino documentazioni di discendenza non veritiere, rifiutando l’intermediazione di faccendieri disonesti e senza scrupoli.

Friuli nel Mondo, che da più di 70 anni è testimone del legame identitario esistente tra i nostri corregionali presenti in America Latina manifesta preoccupazione, per voce del presidente Franco Iacop, per un possibile affievolimento, a causa di queste vicende, dell’attaccamento affettivo che i friulani residenti in quel contesto geografico hanno ancora con il FVG e con l’Italia, qualora venga meno la prospettiva, seppur remota, di diventare cittadini italiani.

Si tratta però non soltanto di conseguenze meramente affettive, bensì di effetti realmente negativi, allorché da più parti si auspica di far arrivare in Italia connazionali all’estero come forza lavoro, fortemente carente per la denatalità in atto. Da dove è ragionevole che essi possano giungere se non dal Sudamerica, stante che dall’America del Nord è improbabile che arrivino? A che servono i vari tavoli di lavoro tra Regione, Università, Organizzazioni datoriali ed Enti di emigrazione per ricercare un possibile rientro di talenti e di forza lavoro (serviranno 100 mila lavoratori nel prossimo triennio, dei quali in regione ne esisterebbero appena 50 mila) se poi si cancellano i presupposti per un loro possibile rientro?

Luigi Papais

Consigliere di Friuli nel Mondo e Unaie

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