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Giovedì santo, per i sacerdoti la Messa del “noi”. Lamba: «Grato di essere parte della Chiesa di Udine»

Se dovessimo trovare la parola più ricorrente tra quelle pronunciate da mons. Riccardo Lamba nell’omelia della Messa crismale del giovedì santo – la sua prima Messa del Crisma in Friuli, da Arcivescovo di Udine -, quella parola non sarebbe “Gesù” (che in questa particolare graduatoria finirebbe comuque sul podio), né “Chiesa”. Quella parola è “noi”. Mons. Lamba, fin dall’inizio del suo ministero episcopale a Udine, circa un anno fa, ha da sempre voluto essere un Vescovo del “noi”, mettendosi a servizio – come un sarto che cuce i lembi della miriade di stoffe, persone, storie e comunità – di una Chiesa da riunire sempre più nell’unità. Anzi, nella Comunione con la C maiuscola, perché la ricapitolazione di tutto avviene proprio in una persone con la C maiuscola.

Tutte le stoffe della Chiesa di Udine, almeno quelle del cuore… e delle stole dei sacerdoti, trovano sintesi attorno a ciò che accomuna tutti: Cristo. E, nel loro caso, il sacerdozio. La Messa Crismale ne è dunque l’esempio lampante.

Con Lamba, mons. Genero e il vescovo Dal Covolo

Riavvolgiamo il nastro. Accanto a mons. Riccardo Lamba siedono il vicario generale, mons. Guido Genero – a lui il compito di ricordare i sacerdoti “giubilanti”, con il suo ormai consueto augurio Polychronion, ad multos annos -, e il vescovo mons. Enrico Dal Covolo, Assessore del Pontificio comitato di scienze storiche, legato da amicizia a mons. Lamba. Attorno a loro tantissimi sacerdoti in servizio nelle comunità dell’Arcidiocesi di Udine. Molti stranieri, riuniti a gruppi linguistici: la Messa crismale è anche occasione di ritrovo. Numerosi compongono il coro. Tutti indossano la stola bianca, anche quelli che sopra invece vestono con la casula. Tra loro numerosi sacerdoti “giubilanti”. Non tutti i venticinque previsti: l’età, la salute e la distanza da Udine, per alcuni, sono ostacoli oggettivi. Tutti, però, uniti spiritualmente in quel “noi”.

Mons. Riccardo Lamba, con il pastorale. Davanti a lui mons. Guido Genero e il vescovo mons. Enrico Dal Covolo

Ai sacerdoti: «Grazie!»

«Vorrei innanzitutto esprimere esplicitamente la mia gratitudine a Dio perché, celebrando insieme questa Eucaristia, riviviamo oggi almeno tre grandi misteri», ha esordito mons. Riccardo Lamba nella sua omelia. «Il primo è il mistero del nostro essere stati chiamati, grazie al Battesimo, a essere parte di un popolo che ha una dignità sacerdotale, regale e profetica, condividendo con tutti voi, carissimi religiosi, consacrati e laici, quell’unica grazia che ci viene dal Battesimo. In secondo luogo – ha affermato, rivolgendosi ai presbiteri -, viviamo il mistero (che molti di noi hanno ricevuto) della vocazione a una speciale forma di consacrazione nel Sacramento dell’Ordine. Grazie di aver risposto con fedeltà e perseveranza a questa vocazione, grazie di aver collaborato con la grazia di Dio».

Mons. Riccardo Lamba durante l’omelia della Messa crismale

«Grato di essere parte della Chiesa di Udine»

Manca un passaggio, che l’arcivescovo esprime a cuore aperto. «È il mistero di appartenere a questa porzione di Chiesa che è l’Arcidiocesi di Udine. Non vi nascondo che poco più di un anno fa avevo colto con sorpresa e meraviglia il fatto di essere stato chiamato ad appartenere a questa Chiesa di Udine. Ma oggi, dopo circa un anno, sono sempre più consapevolmente grato al Signore perché mi ha innestato in questa vite così bella, così rigogliosa, che ha radici così antiche e che ha portato tanti frutti in molti modi: nelle famiglie, nei sacerdoti, vescovi, missionari, consacrati, consacrate».

«Per grazia provvidenziale di Dio – ha proseguito mons. Lamba -, sono stato reso partecipe di quella stessa linfa vitale che da secoli anima questa Chiesa. E proprio appartenendo a questa Chiesa anch’io, insieme con voi, sono chiamato a portare dei frutti».

«Nelle fatiche, affidiamoci con fiducia al Risorto»

L’omelia del “noi”, dicevamo. Un pronome che risuona spesso nella Messa crismale, ma che – come ha ricordato l’Arcivescovo – deve fuggire dal rischio di accentrare pastorale, meriti e paure nella sola figura del sacerdote. «Non possiamo misurare il valore delle nostre celebrazioni o del nostro apostolato con il parametro del nostro stato d’animo, così spesso mutevole, variabile, ma neppure con l’indice del consenso e del gradimento che possono avere le nostre omelie o i nostri servizi, che comunque dobbiamo sempre curare», ha affermato l’Arcivescovo. «Oggi e ogni giorno della nostra vita noi [sacerdoti] rendiamo disponibili le nostre orecchie, le nostre labbra, il nostro cuore, le nostre mani, i nostri gesti a Lui. È solo Lui che ascolta, parla, tocca, si prende cura dell’umanità donandole anche attraverso di noi ascolto, comprensione, consolazione, riconciliazione, salvezza, ma soprattutto speranza di vita eterna».

«I momenti di stanchezza – ha concluso mons. Lamba, parlando delle umanissime fragilità dei sacerdoti – non sono mai mancati e non mancheranno presumibilmente mai. I momenti di aridità non sono stati pochi e non mancheranno ancora. Proprio in quei momenti affidiamoci con fiducia al Signore risorto. Quel Dio che ha suscitato in noi il volere e l’operare secondo i Suoi benevoli e provvidenziali disegni porterà certamente a termine quell’opera che ha iniziato anche in noi». Buon Giovedì santo ai sacerdoti, dunque. Buon “noi” a ciascuno, membra per sua parte della Chiesa, tessere, seppure di colori e tagli diversi, di un unico splendido mosaico: il volto di Cristo.

G.L.

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