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Myanmar, il friulano Livio Maggi: «C’è ancora bisogno di aiuto». E scrive alla sua Parrocchia friulana

«Siamo in una zona buddhista a maggioranza musulmana; qui è evidente la distruzione del terremoto». Le parole, rapide e decise, sono quelle del friulano Livio Maggi e giungono dalla pagina Facebook di New Humanity international, la fondazione del PIME (Pontificio istituto per le missioni estere) attiva da diversi anni in Myanmar.

Maggi, responsabile dei progetti PIME per l’ex Birmania, registra il suo video da un sobborgo di Mandalay, seconda città dell’ex Birmania, tra le più colpite dal terribile sisma del 28 marzo; assieme al missionario, quattro persone e uno sfondo di macerie. Oltre 5.300 i morti accertati, cui si sommano migliaia di feriti e di dispersi.

«Le necessità immediate sono acqua, cibo e medicine. I nostri primi interventi avvengono in questa situazione», spiega il friulano, che poi sollecita l’invio di aiuti: «Grazie a chi continua a sostenerci, c’è bisogno del vostro aiuto. Non mi vergogno a chiedere: non chiedo per me, ma per i nostri fratelli. Non possiamo risolvere tutti i problemi, ma qualcosa possiamo fare».

La lettera alla comunità di Rivarotta. «La morte non ha vinto»

Intanto nella Domenica delle Palme, a due settimane dal sisma, Maggi ha scritto una lettera alla comunità di Rivarotta di Teor, suo paese di origine. «Stamattina a fianco della croce coperta in una chiesa affollatissima nella domenica delle Palme, emergeva il logo dell’Anno Santo, con la scritta “pellegrini di speranza”, in inglese e birmano», ha scritto. «Non sono molto attento alle vicende dell’anno santo – lo confesso – ma camminare fra le macerie, incontrare le persone, ascoltare i loro racconti, sentire i loro desideri, vedere i tanti presepi di sofferenza e di desolazione, mi ha fatto sorgere proprio questa immagine: cos’altro possiamo fare se non lavorare per tenere viva la speranza?»

Maggi ha spiegato che due giorni prima della Domenica delle Palme è rientrato nella sua città, a sud, mentre la terra continuava a tremare. Ma nonostante tutto continua a parlare di speranza.

«Un giovane che dalla prigione giovanile esce con un diploma per lavorare; dei ragazzi che trovano lavoro dopo i corsi di avviamento professionale; i bambini di cui qualcuno si prende cura dell’educazione e della loro salute; l’ascolto di vite segnate dalla sofferenza e dal sopruso. E ora il terremoto con il mare di urgenze e di bisogni…. Anche la desolazione più grande può diventare luogo di speranza.
Camminare assieme fa nascere la speranza: perché si è cari a qualcuno; perché si ha qualcuno a cui affidare, anche per un momento, la propria vita».

«La morte non ha vinto: lo proclamiamo in questa settimana! – ha concluso – È una Settimana Santa che coincide, quest’anno, anche con il capodanno tradizionale birmano; una mia collaboratrice buddista di Mandalay ci diceva l’altro ieri: grazie che ci date l’occasione di ricominciare da capo».

Sia il PIME, sia Caritas Italia hanno attivato la possibilità di sostenere le popolazioni colpite dal sisma con donazioni sui propri canali.

G.L.

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