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Parole O_Stili: a Trieste il Festival di un’unicità tutta da raccontare

Festival, festival, festival. Non c’è solo Sanremo. Di festival ce ne sono tantissimi ad affollare il calendario. Alcuni riempiono anche la testa di interrogativi. Aprendola, squarciando i pensieri e i luoghi comuni. È il caso del Festival della Comunicazione non ostile, autentica chicca culturale della nostra regione, la cui settima edizione si è svolta venerdì 21 e sabato 22 febbraio a Trieste sotto l’egida del progetto “Parole O_stili”.

Tema dell’incontro triestino – a cui ha partecipato un migliaio di persone da tutta Italia – è stato «Le parole danno forma al futuro». E il succo della questione è stato proprio questo: imparare, allenarsi, sforzarsi di usare le parole in modo costruttivo, per fomare (ossia dare forma, appunto) alla realtà.

Una realtà che è sempre più sfaccettata, come ha spesso ricordato spesso Papa Francesco utilizzando l’immagine del poliedro. E come il Festival triestino ha avuto modo di rimarcare. Nato nel 2016 come un progetto di “sola” sensibilizzazione sull’utilizzo di un buon linguaggio in rete, il Festival è diventato una finestra sull’evoluzione culturale del Bel Paese, raccontando di nuove consapevolezze e dei modi di raccontarle.

Una verità lampante che è emersa dal Festival 2025 è proprio quella del poliedro. La società non può essere più vista (né tantomeno descritta) come un insieme di “categorie”, quanto invece come un insieme di diversità. Un termine che forse è più opportuno tradurre con unicità. E come tali, le persone, gridano a gran voce di essere raccontate, tra social media e realtà (perché il virtuale è reale, come da nove anni recita con profetica saggezza il Manifesto della Comunicazione non ostile). Questo è un primo dato da tenere in conto. La crescente consapevolezza nei confronti della sanità mentale, ma anche dei disturbi dell’alimentazione, delle varie forme di inclusione sociale, della professione religiosa come della comunicazione professionale, dall’adolescenza all’intelligenza artificiale, rende necessario trovare le parole giuste per rimettere al centro la persona e l’argomento, più ancora che la categoria a cui questa persona può eventualmente essere inserita (Gli “obesi”, i “drogati”, i “meridionali”, i “malati mentali”, ecc.).

Rosy Russo

Un Festival, quello del 2025, che peraltro ha avuto un forte taglio educativo in senso familiare. «Ci stiamo rendendo conto di ciò che i giovani ci stanno dicendo?» ha affermato Rosy Russo, che ama definirsi “la mamma di Parole O_stili”. La finestra sulle giovani generazioni, la “GenZ” e persino la “GenAlfa”, è stata un tratto distintivo dell’edizione 2025. «Lucio Corsi a Sanremo cantava: “Quanto è duro il mondo per quelli normali che hanno poco amore intorno”. Perché – si è chiesta Russo – certe persone hanno poco amore intorno? Dobbiamo essere sempre più netily, una specie di famiglia in cui è bello scegliere di essere parte». Netily è un neologisimo nato proprio a Trieste, a unire le parole inglesi net (rete) e family (famiglia).

Ecco un’ulteriore pagina della nostra società che merita di essere meditata. Non si tratta affatto un inno all’individualismo. Tutt’altro: è aprire gli occhi sulla bellezza e la preziosità di una unicità, che spesso – non sempre in mala fede, ma tant’è – viene dimenticata. Tornando alle origini – mai nascoste – di Parole O_stili, ogni persona con in mano uno smartphone o una tastiera ha la possibilità reale di contribuire alla costruzione (o al nascondimento) della realtà. È, questo, un neanche tanto implicito invito alla responsabilità nell’utilizzo delle parole, affinché possano davvero dare forma al pensiero. E al futuro.

Giovanni Lesa

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