Mercoledì 31 luglio a Visco tappa italiana del progetto “Moja meja je tvoja meja/Il tuo confine è il mio confine”, che è anche parte del programma ufficiale di GO!2025. Incentrato sulla necessità di promuovere la costruzione di una Europa più unita, il progetto è coordinato dall’associazione culturale Vicino/lontano con il supporto di Nova Gorica-Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025 e della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
Il programma
Alle 20.30 è prevista l’esplorazione del paese con visita all’ex caserma e al campo di prigionia della seconda guerra mondiale, a cura di Ferruccio Tassin. A seguire, nel cortile retrostante l’ex dogana asburgica, spettacolo in lingua friulana “Sui trois pe Europe”. Per finire brindisi transfrontaliero sull’antico confine. In caso di maltempo, lo spettacolo e il brindisi si terranno presso l’oratorio parrocchiale in Via Gorizia n. 4, a Visco.
La partecipazione agli eventi è gratuita. Per la visita all’ex caserma è richiesta la prenotazione on-line.
Un confine antico
Višek è parola slava per altura, ma fare una camminata da queste parti non aiuta a risolvere il mistero: tutto il territorio comunale è completamente in piano e a parte il campanile non si sa proprio dove poter salire. Nemmeno il fatto che sia stato tra le prime conquiste di Ardito Desio (“Ero un bambino… e la domenica volevo andare in bicicletta a Visco, in Austria, a comprare i busolai, specie di ciambelle”) non spiega granché e, visti i successivi risvolti nella vicenda umana dell’insigne esploratore, forse è anche meglio così.
Sta di fatto che a Visco non si sale, a Visco si procede nel senso dell’orizzonte, lungo una direttrice che è rimasta la stessa per millenni, quella della linea delle risorgive, quella della Stradalta che ha visto i popoli della penisola iniziare a immaginare l’Oriente, e gli altri a dar di contro immaginando la penisola e il mare. Ed è anche per questo che fa impressione venire a sapere che un tempo qui c’era la dogana e bisognava fermarsi, e fa ancora più impressione venire a sapere che un tempo, qui, si era già di là.
«Eccoci, mi pare che da qui, dalla locanda, si possa afferrare la prospettiva di più di un secolo con un solo sguardo: qui a fianco a noi la dogana austriaca del 1874, maestosa costruzione con l’ideologia della stabilità, scrivo nel testo, e laggiù in fondo quella italiana, molto più piccola, meschina quasi, a testimoniare dell’insoddisfazione savoiarda rispetto al vecchio confine e per contro dell’anelito a prendere Gorizia, Trieste, e chi più ne ha più ne metta…”»
Ferruccio Tassin, vischese doc, ex insegnante di lettere nonché storico e giornalista, è un fiume in piena, sa tantissime cose e le sa raccontare con passione ed entusiasmo: «Da questa prospettiva l’area della caserma, nata come ospedaletto da campo durante la Prima guerra mondiale ma divenuta poi campo di prigionia per civili jugoslavi rastrellati nei territori sotto occupazione durante la Seconda, l’area della caserma ad occupare giusto lo spazio tra le due dogane, quello che un tempo era lo spazio di tutti e di nessuno, ha finito per rappresentare spazialmente, geograficamente ancor prima che storicamente, la prepotenza e l’orrore del nazionalismo e della nazione».
E però anche la soluzione, la via d’uscita è spaziale, come suggerì proprio uno degli internati a Visco, il poeta Igo Gruden, che il giorno di Pasqua del 1943, il 25 aprile, giorno di san Marco, immaginò di scrivere per l’onomastico del figlio di un amico a lui caro un biglietto d’auguri, invitandolo affettuosamente a guardare da Ljubljana, come sta facendo lui ora da qui, la cima innevata del Triglav, così che il suo augurio gli possa arrivare da lassù come un sussurro di vento.”