Sono quasi 7 mila gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail nei primi cinque mesi del 2016 in Friuli-Venezia Giulia. Un dato allarmante, perché i 6.947 casi registrati tra gennaio e maggio fanno segnare una crescita del 9% sul 2016, con una brusca inversione di tendenza rispetto a un andamento virtuoso che perdurava da diversi anni. Preoccupa anche il numero di infortuni mortali.
Sono quasi 7 mila gli infortuni sul lavoro denunciati all’Inail nei primi cinque mesi del 2016 in Friuli-Venezia Giulia. Un dato allarmante, perché i 6.947 casi registrati tra gennaio e maggio fanno segnare una crescita del 9% sul 2016, con una brusca inversione di tendenza rispetto a un andamento virtuoso che perdurava da diversi anni. Oltre alla crescita delle denunce preoccupa anche il numero di infortuni mortali: sempre da gennaio a maggio le vittime sono state 6, lo stesso numero registrato nel 2015, con 4 casi verificatisi sul posto di lavoro e 2 in itinere. Purtroppo non cala, quindi, il numero delle morti bianche, mentre fanno segnare una lieve flessione – unico segno meno rilevato in questa prima parte del 2016 – le malattie professionali, con 755 denunce al 31 maggio, contro le 778 del 2015.
Questo il quadro statistico tracciato da Cgil, Cisl e Uil in occasione dell’assemblea regionale dei delegati convocata oggi a Palmanova, alla presenza – tra gli altri – del direttore dell’Inail Friuli-V.G. Fabio Lo Faro, dei responsabili nazionali salute e sicurezza Cinzia Frascheri (Cisl) e Sebastiano Calleri (Cgil), di Mauro Franzolini, della Uil regionale, che ha aperto il dibattito davanti a un centinaio tra funzionari sindacali, delegati e rappresentanti aziendali o territoriali per la sicurezza. Erano proprio questi ultimi, gli Rls, i primi destinatari di un appuntamento voluto anche per fare il punto sulle ultime novità legislative in materia di sicurezza sul lavoro.
«La recrudescenza degli infortuni testimoniata dai dati Inail – dichiara Mauro Franzolini con Orietta Olivo (Cgil) e Alberto Monticco (Cisl) –è sicuramente correlata alla crescita della precarietà, sotto forma di contratti a tempo determinato e in particolare di voucher. È soprattutto l’abnorme crescita di questi ultimi il fattore cui guardiamo con maggiore preoccupazione, sia sotto il profilo della violazione dei diritti contrattuali e contributivi, sia per la minore attenzione alla sicurezza che caratterizza questa forma estrema di contratto a termine, di cui è indispensabile una revisione per contrastarne l’evidente abuso».
Il dilagare del lavoro precario, denunciano ancora Cgil, Cisl e Uil, rischia di vanificare i progressi fatti sulla sicurezza sia a livello di singola azienda che di interi comparti. È il caso dell’artigianato, dove sindacati e aziende, sotto l’ombrello unico dell’Ebiart, hanno creato una rete di rappresentanti territoriali della sicurezza (Rlst) per ovviare alla carenza di queste figure nelle piccole e micro-aziende. Primo risultato tangibile di questa azione le visite, dall’inizio del 2014 a oggi, in oltre 1.700 aziende, un terzo di quelle iscritte all’Ebiart, per un totale di 5 mila lavoratori coinvolti. «È anche così – concludono Franzolini, Olivo e Monticco – che si costruisce una cultura delle sicurezza capace di dare continuità e di rafforzare l’andamento virtuoso degli scorsi anni. Ma senza interventi efficaci di contrasto alla precarietà e alla destrutturazione del mercato del lavoro, queste prassi virtuose rischiano di diventare casi isolati».