Questa breve riflessione vuole essere di stimolo a chi vive nelle comunità scolastiche, perché la speranza personale incroci e incoraggi le speranze che, quotidianamente nella scuola, si cerca di rendere concrete vie di crescita umana.
La Lettera pastorale, sin dal titolo, è incentrata sul tema della speranza, ispiratore del cammino giubilare.
L’invito dell’Arcivescovo Riccardo è di mettere in pratica, applicare la speranza per non renderla vana e inconsistente.
Nella prima parte della Lettera viene citato il testo della Bolla di indizione del Giubileo, nella quale papa Francesco ricorda che “nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé”.
Quindi l’Arcivescovo fa riferimento al percorso della vita umana e alle sue tappe, indicando anche l’esperienza scolastica come importante nel cammino esistenziale delle singole persone.
Nella vita l’uomo ha bisogno della speranza e anche nel percorso scolastico il bisogno di speranza non può quindi essere ignorato; bisogno che si concretizza nelle dinamiche interpersonali che, giorno dopo giorno, nelle comunità scolastiche si devono costruire con la finalità di realizzare percorsi di apprendimento e formazione che siano attenti a tutte le dimensioni della persona sia essa studente, insegnante, genitore.
La scuola in quanto comunità formativa non può certamente prescindere dalle persone che la animano e che si sforzano di crescere insieme; in questa realtà la speranza diventa così il propulsore che fa muovere la macchina-scuola.
Anche nella scuola abbiamo “…bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che…ci mantengono in cammino…” (papa Benedetto XVI)
Inoltre, valga per la scuola la riflessione sulla speranza come concetto che non può essere astratto o un’emozione passeggera. Per cui l’insegnante avrà anche il compito di essere uomo, donna di speranza per studentesse e studenti, per i genitori e per i colleghi nel suo agire quotidiano.
L’Arcivescovo precisa che “…la missione della Chiesa non ha nulla a che vedere con una svogliata trasmissione di un patrimonio culturale…né con uno sterile sforzo di proselitismo ideologico…ma è unicamente motivata dall’intenzione di promuovere l’incontro e l’amicizia di uomini e donne di tutte le culture con il Figlio di Dio”.
Ecco allora, anche per l’insegnante, segnata la rotta che conduce verso un dialogo proficuo e arricchente, scevro da forzature ideologiche e manichee, nel rispetto del pluralismo che aiuta a crescere veramente nella fiducia, che ispira i rapporti interpersonali.
Con questo atteggiamento, la speranza si colloca all’inizio e al termine del percorso scolastico, apre e chiude la strada e presagisce un oltre che non è definito compiutamente, ma che spinge a cercare ancora e sempre.
Per l’insegnante cristiano “…sarà questo un modo per fare esperienza di Chiesa missionaria in uscita, così come tante volte Papa Francesco ci invita a vivere, portando a tutti l’annunzio della Buona Notizia”.
Un insegnante capace di essere testimone della carità, prendendosi “…cura con amorevolezza delle persone più fragili”.
Un insegnante attento ai poveri che gli vengono incontro, consolidando nella comunità scolastica “…i processi di accoglienza, di promozione umana e cristiana, di integrazione delle persone più fragili”.
“Chi compie queste opere è un Segno di Speranza nella Chiesa e per la società civile”, dove anche le scuole e tutte le persone che vi operano svolgono un ruolo fondamentale per la crescita delle future generazioni.
In questo modo nelle scuole sarà possibile e necessario frequentare insieme il futuro.
Andrea Nunziata
Vicedirettore Ufficio scuola diocesano