Ha ancora senso celebrare ricorrenze come la Giornata del Ringraziamento? Il ringraziamento rimanda ad un immaginario agricolo fatto di fatica e lavoro, di vita comunitaria e di un rapporto diretto con la terra, che sa essere dura e al tempo stesso generosa. A diverse latitudini è la festa in cui si ringrazia per il raccolto ricevuto nell’anno, con la consapevolezza che il sudore e l’impegno umano non hanno un totale controllo sui frutti del suolo e non ne riescono a penetrare fino in fondo i misteri, perché la terra ha le sue leggi e i suoi tempi, una sorta di propria libertà e dignità, che va ascoltata e rispettata.
Oggi viviamo un rapporto ambivalente con la terra. Slow food, turismo lento, prodotti a chilometro zero e Bio. In concomitanza con la crisi ecologica cresce una rinnovata consapevolezza, condivisa da più generazioni, sul valore etico ed economico della scelta di stili di vita più sostenibili, sull’importanza di sostenere realtà di produzione locali e abitudini di consumo responsabile.
Questo ritorno alla terra convive con una sua rimozione. Le tecnologie sempre più complesse aggiungono infatti nuovi livelli di intermediazione alla realtà. Tra qualche anno un frigo intelligente potrebbe fare la spesa al posto mio, ordinando su una piattaforma digitale i prodotti Bio che un corriere recapiterà puntualmente al mio indirizzo, mentre una transazione digitale gestita dai circuiti internazionali si occuperà di far arrivare il denaro al conto del produttore. Ma la rimozione non riguarda solo chi acquista: la meccanizzazione e l’evoluzione digitale delle tecnologie produttive portano grandi benefici, ma avranno ancora un ruolo il saper toccare con le mani la terra, il saper scrutare il cielo e fiutarne l’aria?
Il ringraziamento ha essenzialmente ha che fare con l’esperienza dell’imparare a ricevere. Ed è particolare che ormai nella cultura pop di matrice americana la festa del ringraziamento sia legata al “Black Friday”, ovvero a un’esperienza diversa dal ricevere, che è il comprare, in cui la clemenza non è quella della terra che elargisce i suoi frutti, ma quella di un mercato che si prepara ai profitti natalizi.
Forse il ringraziamento, in questo nostro tempo complesso, può diventare un momento privilegiato in cui ci interroghiamo sulla nostra capacità di ricevere. Il contatto diretto con la terra e la relazione rispettosa con la sua silenziosa potenza e fecondità sono lì a ricordarci che al di qua degli schermi rimaniamo esseri fragili, che hanno ancora bisogno di nutrirsi, di mangiare e di bere, di vestirsi. Ed è innanzitutto nella materialità dell’avventura umana che facciamo l’esperienza della povertà e della gratitudine, della fragilità e della generosità della realtà intera.
Tra nuovi ritorni e nuove rimozioni, segnata dai cambiamenti del clima, talvolta sfruttata, ma anche amata e custodita, la terra rimane il luogo speciale dove la materia risveglia gli slanci dello spirito, in cui le generazioni si incontrano, supplicano, lodano e ringraziano.
Tommaso Nin