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Carla Garlatti, ex Garante dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza: «I ragazzi stanno male. Solo l’8% si considera felice»

Disagio giovanile in aumento che si manifesta in ansia, attacchi di panico, isolamento sociale, insicurezze, fragilità, disturbi alimentari. E pure aggressività: è recente un episodio di violenza tra giovanissime, a Udine, con una 13enne accerchiata, colpita a calci e pugni da una coetanea, mentre altri adolescenti riprendevano la scena con i cellulari, senza intervenire. Accanto a tutto ciò sono in crescita i casi di depressione anche tra i bambini.

Carla Garlatti

Insomma, i nostri ragazzi non stanno bene. «E purtroppo questo disagio si sta avvertendo non soltanto nei contesti di maggiore marginalità, ma anche in quelli cosiddetti benestanti». A parlare è Carla Garlatti, friulana, già presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste che il 14 gennaio ha concluso i suoi quattro anni come Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, l’istituzione nata nel 2011 per volere del Comitato Onu, con una serie di compiti specifici che fanno capo alla diffusione della conoscenza dei diritti di cui sono titolari i minorenni previsti dalla Convenzione di New York. Dall’istruzione alla salute e pure allo sport. Ma non solo.

Lei in questi quattro anni ha avuto l’occasione di incontrare e conoscere migliaia di ragazzi e tante situazioni diverse. Che esperienza è stata?
«Il filo rosso che ha contraddistinto il mio operato è stato quello dell’ascolto e della partecipazione. Un ascolto vero che, come dice l’articolo 12 della Convenzione Onu, tenga in considerazione quello che viene detto dai ragazzi. Per farlo mi sono avvalsa non soltanto dell’organismo che già c’era, la Consulta dei ragazzi e delle ragazze, ma ho pure istituito un nuovo Consiglio dei ragazzi e delle ragazze che ha una rappresentanza in tutta Italia. E poi sono andata a trovare i giovani, soprattutto quelli che vivono in condizioni di marginalità. Quindi negli Istituti penali per minorenni e pure dove abitano i ragazzi che provengono da contesti migratori. Non con una finalità ispettiva, anche se una volta lì potevo vedere come vivono, ma soprattutto con lo scopo di ascoltarli, per ricevere una loro narrazione, spesso molto diversa da quella costantemente negativa che viene prospettata».

Potendo tracciare idealmente un ritratto dei nostri giovani, che cosa ha potuto vedere, cosa le hanno detto e quali sono le richieste al mondo degli adulti, tenendo conto che il diritto a vivere in maniera serena è fondamentale? In sostanza come stanno i nostri giovanissimi?
«Mi ripeto: non stanno bene e il disagio è trasversale, ovvero non è solo registrato in contesti dove già ci sono fragilità. All’inizio del mio mandato, eravamo in piena pandemia, ho immediatamente avviato con l’Istituto Superiore di Sanità uno studio sulla salute mentale dei ragazzi; era emerso un profondo disagio con un aumento spaventoso di atti di autolesionismo, tentativi di suicidio, depressione. A distanza di più di tre anni, nell’ottobre del 2024 abbiamo pubblicato un’indagine sempre sulla salute mentale. È emerso che più del 51% soffre di ricorrenti stati d’ansia o di tristezza, che le abitudini negative, assunte durante il Covid, come quella di dormire poco e male, di mangiare male, di tenere delle condotte di vita non regolari, sono state mantenute. E mi ha veramente colpito che solo l’8% si dichiara felice. Altro dato estremamente allarmante è che il 7% dei ragazzi preferisce, ancora oggi, avere contatti con i coetanei solo online. A questo si aggiunge il 26% che prova disagio nei contatti in presenza con altri ragazzi. Sono numeri molto preoccupanti, ricordiamo che stiamo parlando di ragazzi di 16-17 anni. La stragrande maggioranza, inoltre, chiede di poter accedere allo psicologo e di poterlo fare senza avvertire i genitori, cosa non possibile perché minorenni».

Un disagio che si vorrebbe tenere all’oscuro in famiglia, dunque. Anche questo è un aspetto che induce a riflettere…
«Dovremmo interrogarci sul perché i ragazzi hanno paura di deludere i genitori, o temono che mamme e papà non siano in grado di sopportare la loro fragilità, o comunque non si sentono in un rapporto tale da potersi confidare col genitore…»…

L’intervista completa, a firma di Monika Pascolo, è pubblucata sul numero del settimanale “la Vita Cattolica” del 5 febbraio 2025.

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