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Pedemontana

Cassacco. Ha chiuso la vecchia osteria. Via un pezzo di storia del paese

È seduto dietro al bancone di quella che fino a un mese fa era l’osteria conosciuta col nome “Là di Duride”. In centro a Cassacco l’attività ha chiuso i battenti a inizio maggio, dopo oltre 80 anni in cui la famiglia di Giuseppe Riva, detto “Bepi”, «87 anni compiuti», come tiene a precisare, ha gestito il bar che vendeva anche «giornali, sali e tabacchi, bolli, fiammiferi in legno, alimentari e pure pantofole di ogni tipo, oltre a un buon “bicchiere”». Il vino, aggiunge con un pizzico di orgoglio, «lo sceglievo di persona nel Cividalese e, in particolare il verduzzo, era piuttosto apprezzato anche dalla clientela che arrivava dai paesi limitrofi appositamente per bere un buon “tajut”». Bepi è cresciuto in osteria, anche se per tutta la vita di mestiere ha fatto il falegname. Ma essendo “casa e bottega” nello stesso stabile, ricorda, «il tempo libero lo trascorrevo qui, aiutando per quel che potevo nell’attività».

Lo stabile che ha ospitato l’osteria si affaccia sulla piazza centrale di Cassacco

Con un pizzico di malinconia – perché l’osteria è stata un lungo capitolo della storia della sua famiglia ora concluso – accetta di riavvolgere il filo dei ricordi.

La licenza dell’attività è datata 1944 – anche se probabilmente il locale era già stato aperto da tempo (lo stabile risale al 1913, come riporta un mattone trovato in soffitta da Bepi) –, con intestatario il padre Lodovico. Inizialmente era chiamata “Osteria da Giustina” – da Giustina D’Odorico, seconda moglie del padre (la prima era Angelina) –, poi gli avventori hanno mutato il nome, rimasto fino ai nostri giorni, in “Là di Duride”, nonostante da tempo a gestirla fosse Gabriella, classe 1938, sorella di Bepi, dietro al bancone fino a un anno fa, quando per motivi di salute è stata costretta a ritirarsi (oggi vive in casa di riposo).

«Ero appena un bambino quando, col carro trainato da un cavallo, andavo a Tarcento a ritirare il tabacco da rivendere poi in osteria. Capitava anche di muoversi con lo storico tram. Essendo in tempo di guerra, arrivati all’altezza di Collalto, dove c’era uno dei caselli del mezzo pubblico, si scendeva e si attraversava a piedi il tratto col timore che fosse minato; una volta dall’altra parte si saliva su una seconda locomotiva che portava i passeggeri fino in piazza a Tarcento, dove ci rifornivamo anche di altri prodotti, come i sali e la magnesia». E le caramelle, di ogni tipo, conservate nei vasi di vetro che ancora, ben allineati, fanno bella mostra negli scaffali di legno che, al pari del bancone, sono stati realizzati proprio da Bepi.

Punto di riferimento per tutto il paese – anche per scambiare quattro chiacchiere e passare un po’ di tempo in compagnia –, l’attività è stata rivendita di giornali – «i quotidiani venivano consegnati ogni mattina, in moto, da Udine» –, di biglietti della corriera e di bolli. Gabriella, sempre disponibile, attenta e discreta, conosceva perfettamente persino le affrancature estere e con lei era impossibile incappare in errori quando si trattava di spedire lettere o cartoline in ogni dove. “Là di Duride”, per circa 13 anni, ha fornito pure il servizio del gioco del lotto. Ma il cavallo di battaglia è sempre rimasto quel buon verduzzo che Bepi andava a scovare con grande impegno nelle migliori cantine del Friuli Orientale. «Era un compito che mi ero preso con piacere, come ultimamente ero contento di essere io, alle 6 del mattino, ad aprire l’osteria non prima di essere andato a sgranchirmi le gambe, con un bel giro in bicicletta nel circondario».

E adesso che le saracinesche dell’osteria si sono abbassate definitivamente sono in molti a pensare che si sia ormai chiuso un capitolo interessante della storia paesana. «Qui dentro sono passate almeno tre generazioni di compaesani, e non solo. Essendo il locale in piazza e molto vicino alla chiesa, chi partecipava alle varie celebrazioni, dalle Messe ai matrimoni e battesimi, dalle comunioni alle cresime e ai funerali, un passaggio lo ha sempre fatto anche da noi per rifocillarsi». Ma non con il caffè. Sorride Bepi mentre ricorda che in osteria – con appena un paio di tavoli – si servivano vino di qualità e alcolici, ma niente espresso o cappuccino. «Di taglietti e grappini quanti se ne voleva, però. E chi veniva una volta, tornava di sicuro a trovarci…».

Memorabile resta il ricordo della nascita del gemellaggio tra Cassacco e la cittadina carinziana di Glanegg, nel 1997. Due giorni di festeggiamenti e due giorni in cui “Là di Duride” non ha mai chiuso. «È stata una festa stupenda, sono andato avanti tutta la notte da solo dietro al banco col locale sempre pieno. È stato un momento di grande amicizia, più che di guadagno, anche perché chi si ricordava, all’alba, cosa avevo servito…».

A sfogliare l’album dei ricordi, ammette Bepi, ci sarebbero tanti episodi da raccontare. «L’osteria in oltre 80 anni non ha mai chiuso per ferie». Neanche un giorno. Offrendo alla comunità un servizio impagabile. «Qui dentro si poteva comperare davvero di tutto, a parte l’espresso», sorride. E aggiunge: «Mi sarebbe piaciuto concludere l’attività con una bella festa, anche in onore di mia sorella Gabriella che ha trascorso la sua vita qui dentro. Ma l’età avanza e non stiamo bene di salute». Intanto c’è chi si augura che, in qualche modo, la comunità possa essere riconoscente alla famiglia Riva che in piazza ha “accompagnato” con la sua osteria quasi un secolo della vita del paese.

Monika Pascolo

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