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Catechisti, missionari di speranza. «Il “qui e ora” non basta: educhiamo al futuro»

«La speranza? È un dono dello Spirito Santo, che conserviamo nei nostri cuori. Soprattutto quando, con i ragazzi, sperimentiamo tribolazioni». È con parole semplici che l’arcivescovo mons. Riccardo Lamba ha aperto il convegno diocesano per i catechisti, svoltosi domenica 19 gennaio a Udine nell’aula 3 del polo universitario di via Tomadini. Circa trecento i catechisti presenti: tra essi numerosi preti e diverse religiose. Registi del pomeriggio, che aveva per tema «Sperare come catechisti ed educatori nella fede», gli uffici diocesani per l’Iniziazione cristiana e la catechesi e per la Pastorale giovanile.

Don Gianmario Pagano: «La speranza è futuro. Per questo non va di moda»

«Ma noi, la speranza, ce l’abbiamo?». Davanti al folto uditorio, don Gianmario Pagano ha esordito ponendo ai presenti una domanda tanto semplice quanto provocatoria. Lui che, da insegnante di religione e youtuber, ha ben presenti le dinamiche sociali e religiose che vivono oggi le nuove generazioni. «La speranza é connessa sulla parola “futuro” , che però non è più di moda: oggi si dà più importanza al presente», ha constatato. «In questo modo si trascurano i progetti che richiedono tempo. Abramo viene chiamato da Dio ad avere una discendenza, un progetto a lungo termine, il futuro delle generazioni sulla terra. Un giovane oggi non guarda ad avere dei figli, ma al suo futuro personale e individuale, è un fuoco d’artificio che dura quel che deve durare».

Lo smartphone? «Appagamento qui e ora. Non basta»

«Siamo condizionati dal cellulare», che per don Pagano è emblema del cambiamento delle nuove generazioni. E incudine su cui schiacciare il presente: «Il meccanismo attivato dallo smartphone – ha spiegato – è quello della gratificazione immediata, qui e ora, un appagamento a breve termine. Da semplici consumatori di cose siamo divenuti consumatori di notizie, post, contenuti. Per questo la grande sfida è staccare i ragazzi dal cellulare, che con le sue storie di pochi secondi o i suoi videogiochi è l’autentica distrazione del presente. Questa pioggia di informazioni, peraltro di bassa qualità, ci sta facendo perdere la capacità di concentrazione».

Catechisti, missionari di speranza

Eppure, come il Vangelo insegna, c’è sempre una luce accesa da qualche parte. «Noi educatori – ha incalzato don Gianmario Pagano – cosa siamo chiamati a riscoprire ? La speranza. Che si basa su una notizia: Abramo riceve una promessa futura. Lì si accende il movimento della volontà, l’amore che spinge verso il futuro. Ecco la speranza: verso dove andiamo?»

Rivolgendosi ai catechisti, don Pagano ha ricordato che «Noi educatori siamo missionari della speranza, costruiamo il futuro comunicando speranza. La fede sta lì, l’amore lo accendi se ami, la speranza invece si può comunicare, perché è la più contagiosa di tutte delle virtù: se tu ci credi, altri crederanno».

Abramo, padre della speranza

La chiave d’azione, per don Pagano, è il lavoro di squadra. O meglio: lo spirito di comunione. «Se operiamo da soli, tutto diventa difficile. È come un pellegrinaggio in cui i pellegrini si muovono in gruppo: Abramo, per tornare al patriarca biblico, si muove con la famiglia e tribù. Mosè libera un popolo intero. Il futuro non si crea da soli, ma insieme, in comunità. La speranza è insieme».

«Mettersi in relazione con il mondo»

Da esperto youtuber, don Gianmario Pagano ha poi giocato sulla positiva ambiguità del termine “rete”. «La rete è quella che crea la Chiesa. La rete siamo noi, una rete di relazioni. La speranza si coltiva laddove si vive e il cristiano vive nel mondo. Il mondo, per l’evangelista Giovanni, è tutto ciò che è contrario al Vangelo, per questo oggi il concetto di “mondo” rende necessaria una Chiesa in uscita. Serve ascoltarci reciprocamente e metterci in relazioni con il mondo: questo ci rende testimoni oltre i confini della parrocchia. Perché ogni giorno la vocazione si rinnova».

Elena Geremia e Giovanni Lesa

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