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Commento al Vangelo

Cominciò a mandarli a due a due

Dal Vangelo secondo Marco Mc 6, 7-13

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.
E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro».
Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Parola del Signore

Commento al Vangelo del 14 luglio 2024,
XV Domenica del Tempo ordinario

A cura di don Emanuele Paravano

don Emanuele Paravano

Nel Vangelo di oggi Gesù manda i Dodici, i suoi più stretti collaboratori, a proclamare il Regno di Dio e ad annunciare a tutti la salvezza. Non si era mai sentito nell’Antico Testamento di un profeta che avesse mandato i suoi discepoli in altre terre a predicare ciò che egli stesso stava già facendo. Il Dio di Gesù Cristo non è, quindi, un dio che ricerca la performance, altrimenti annuncerebbe da solo il Regno e non esporrebbe se stesso a possibili incomprensioni, ma è il Dio che si è fatto carne per essere intimamente vicino agli uomini e condividere la vicenda umana fino in fondo. Solo dopo questa esperienza di incontro personale, il Signore “cominciò a inviarli a due a due”. Il “cominciò” è solo l’inizio, perché, la bella notizia è che siamo sempre inviati, lungo tutta la vita, ai fratelli. E siamo inviati “a due a due”, non da soli, come la mentalità produttiva odierna potrebbe pensare per ottimizzare anche i tempi della missione. Gesù non cerca persone efficienti, funzionari del sacro, ma invia uomini con i loro limiti, perché è l’invio la possibilità di crescita, il dono di essere stati per prima cosa scelti per “stare” con Gesù e, poi, inviati a portare quell’amore sperimentato, ai fratelli.

Gesù “ordinò loro” di non essere attaccati al denaro e alle comodità. L’atteggiamento di distacco viene ordinato da Gesù ai discepoli, non suggerito, forse perché all’uomo non viene spontaneo. Gesù chiede un distacco radicale, di non portare nemmeno le monete di rame, gli spiccioli, perché il danaro è la sicurezza del ricco, mentre il discepolo è inviato al cuore dei fratelli e il cuore non si compra. Quali attaccamenti non ci permettono di andare con cuor leggero dove il Signore vorrà? Perché non possiamo portare nemmeno quelle piccole cose che ci danno sicurezza? Di fronte alle paure più ataviche, quelle che mettono a repentaglio la nostra stessa esistenza, sappiamo che ciò che possediamo o vogliamo possedere, ci possiede a sua volta, mentre l’amore di Dio è libero e liberante. Se noi siamo chiamati a portare questo tipo di relazione ai fratelli, non possiamo avere troppe ricchezze; siamo chiamati ad avere l’essenziale, perché, così facendo, potremo portare noi stessi agli altri, non le nostre cose per essere ammirati. È l’azione più divina che possiamo compiere, quella di portare agli altri la nostra verità in maniera trasparente e senza artifizi. Certo, spaventa partire disarmati, nudi, esposti ai fratelli, ma c’è una spoliazione necessaria per testimoniare il Cristo e non le nostre capacità; secondo la mentalità del I° secolo l’abito esprime l’identità della persona, partire con una tunica è, quindi, l’invito ad avere una identità chiara e determinata, quella di essere figli amati da Dio. È quella stessa tunica che Dio ha dato all’uomo dopo la cacciata dall’Eden, quel segno dell’immensa dignità che la creatura umana ha di fronte al suo Creatore. Il bastone e i sandali raccomandati da Gesù ai discepoli evocano l’abbigliamento utilizzato per il passaggio del Mar Rosso, così come il non prendere il pane, rimanda al cammino nel deserto, in cui Dio non ha fatto mancare nulla di sostanziale al Suo popolo.

Se, nulla ci mancherà di ciò che serve davvero, allora possiamo chiederci a quale “casa-cuore” siamo inviati oggi per portare Gesù nei gesti, nelle azioni, negli atteggiamenti. Solo così, grazie alla nostra indigenza, una “casa-cuore” potrà accoglierci e sentirsi incontrata dallo stesso amore del Nazareno vissuto 2000 anni fa, risorto per ognuno di noi e presente qui e ora. Qualora la “casa-cuore” ci respingesse, il gesto di “scuotere la polvere” da sotto i piedi, sarà un gesto estremo teso a provocare la conversione e, al contempo, esprimerà il dolore grande di chi conosce quale amore sia stato rifiutato. Quando avverrà questa esperienza, non possiamo fare altro che riprendere il cammino e portare quell’incontenibile tenerezza del Dio fatto carne ad un’altra “casa-cuore” e rimanere finché sarà necessario. Così, il partire sarà un uscire da sé nel duplice pellegrinaggio verso l’altro e l’Altro: la meta eterna di chi, scelto e inviato, ora è! Esiste perché in cammino con Cristo, per Cristo, in Cristo.

don Emanuele Paravano

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