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L'editoriale

Cultura. E il Friuli?

La constatazione è indiscutibile: per la cultura il 2025 in Friuli-Venezia Giulia è un anno straordinario. Per accadimenti di pari importanza dobbiamo tornare con la memoria al 2011 con il riconoscimento UNESCO per la città di Cividale del Friuli, nell’ambito di “Italia Langobardorum”,

Stiamo vivendo Gorizia 2025 Capitale europea della cultura, programmata con il coinvolgimento anche di parte del territorio regionale, da Trieste a Codroipo, con eventi caratterizzati dall’internazionalità. Quel “ponte” riportato sul manifesto ufficiale è un’apertura ad una dimensione che in buon parte non avvertiamo, quella dell’internazionalità, molto spesso confinata tra gli addetti ai lavori o a momenti intensi di partecipazione ma episodici. L’avvenuto allargamento ad Est della Unione Europea è una condizione che spesso non cogliamo in termini di comunità: quest’anno ci farà fare un passo avanti, con più conoscenze e più partecipazione. Alcune ricadute materiali sono già visibili: a Gorizia in questi ultimi anni, in preparazione all’evento, si è investito molto, per restauri e riordinamenti museali, realizzazioni che rimarranno nel tempo a disposizione delle comunità.

Qualche settimana fa, poi, è stato annunciato che Pordenone sarà Capitale Italiana della Cultura 2027.Un riconoscimento che arriva dopo una programmazione ultradecennale di eventi riconosciuti internazionalmente, da Pordenonelegge alle Giornate del Cinema Muto, da Pordenone Blues Festival a Dedica, a seguito di una progettualità condivisa predisposta giudicata vincente in quanto “progetto innovativo e inclusivo capace di coniugare tradizione e contemporaneità. Sguardo attento alle giovani generazioni”. Da sottolineare, in particolare, che “il fare insieme” di pubblico e privato è stato il criterio informatore di quanto proposto, nella convinzione che la cultura sia motore di sviluppo economico e sociale, capace di rigenerare un territorio e infondendo fiducia nelle giovani generazioni.

La programmazione degli eventi progettati non mancherà di perseguire questo obiettivo, che può essere assunto come una delle finalità del promuovere cultura oggi.

In questo contesto sorge spontanea una domanda: Udine e il Friuli storico che cosa fanno? Molti luoghi sono contenitori di storia, purtroppo molte volte più nota ai turisti che ai residenti: in città il Palazzo Arcivescovile con gli affreschi del Tiepolo e l’intero centro storico, Cividale del Friuli con il patrimonio longobardo, San Daniele del Friuli, Gemona del Friuli, Venzone, Palmanova e Aquileia e poi ville e castelli ovunque. Non mancano neanche le manifestazioni di livello nazionale ed internazionale. A Udine, in primavera dal 1999 è organizzato il Far East Fil Festival, probabilmente il più importante evento sul cinema asiatico in Europa. A partire dalla metà di ottobre il lungimirante Marco Goldin torna a Villa Manin di Passariano con la pittura nella mostra “Confini Da Gaugin a Hopper” dopo i successi espositivi su “Ungaretti poeta e soldato” a Gorizia e Monfalcone. A Cividale del Friuli torna in estate Mittelfest con una impronta sempre innovativa. A Illegio, da vent’anni il Comitato di San Floriano propone mostre d’arte a tema, un impegno che il Presidente della Repubblica Mattarella ha voluto pubblicamente elogiare in occasione della sua visita. E poi decine e decine di mostre concerti e iniziative varie, localmente organizzate da un associazionismo volontario ed impegnato, con un sostegno programmato e tendente a privilegiare la continuità e la qualità da parte della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia.A fronte di questa elencazione, ancorché sommaria, verrebbe da chiedersi, perché anche a noi non arrivano questi riconoscimenti? L’errore che potremmo fare è quello di essere invidiosi, condizione che purtroppo talvolta ci appartiene e non solo in questo ambito.

Dobbiamo continuare, con qualche riflessione in più, su almeno due aspetti. Il primo: come uniamo le radici profonde delle nostre tradizioni, della storia e della nostra lingua con l’innovazione, la contemporaneità? È una sfida che in primis la scuola in senso ampio dovrebbe cogliere implementando l’offerta formativa con il coinvolgimento attivo del territorio. La seconda: come riusciamo a “fare sistema” tra i diversi soggetti e in particolare tra pubblico e privato? È il caso di passare dalla semplice richiesta di contributi ad una co-programmazione/co-progettazione delle iniziative culturali, quando le finalità pubbliche perseguite sono le medesime. Il lavoro non manca: rimbocchiamoci le maniche, condividiamo di più e i riconoscimenti non mancheranno. Un primo appuntamento, per una parte del Friuli è alle porte. Nel maggio 2026 si ricorderanno i cinquant’anni dal terremoto e le istituzioni già si stanno muovendo. È l’occasione affinché il “modello Friuli” attuato con la ricostruzione, con i suoi riferimenti culturali e valoriali e le realizzazioni, non sia solo memoria, ma parte della cultura italiana ed europea.

Roberto Molinaro
già Assessore Regionale all’Istruzione e Cultura

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