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Dal Paraguay al Friuli, il primo Natale “a casa” per don Cinello

«Dopo 25 anni di missione, è la prima volta che passo il Natale a casa, a Udine, con mia madre e le mie sorelle. Abituato ormai al Natale a 38 o 40 gradi di caldo, com’è tipico dell’estate in Paraguay, nell’emisfero Sud del mondo, ritrovare il freddo, le montagne con la neve, mi fa sentire proprio a casa». È don Franco Cinello a confidarsi così a la Vita Cattolica in un’intervista a cura di Flavio Zeni, pubblicata sul numero del 1° gennaio 2025. Nato a Udine e ordinato sacerdote a Trieste nel 1991, nella Fraternità sacerdotale missionaria di san Carlo Borromeo, legata a Comunione e Liberazione, dal 1999, don Cinello ha vissuto a Città del Messico, per 16 anni, e da 9 anni presta servizio nella parrocchia di San Rafael ad Asuncion, la capitale del Paraguay, insieme ad altri 3 sacerdoti.

«Il mondo latino-americano ha caratteristiche peculiari, molto differenti rispetto al mondo europeo – racconta il missionario –. E ciò che più richiama l’attenzione è la povertà, incontrata ogni giorno visitando le case dei parrocchiani. Ci sono anche persone che vivono bene, ma sono moltissime le famiglie estremamente povere. Perciò, tornando in Italia mi sorprende trovare un atteggiamento di lamento nei giornali e nei programmi televisivi. Lo capisco, lo comprendo, perché l’uomo è sempre insoddisfatto e, anche se ha tanti doni, capacità e cose materiali, tende a lamentarsi, a dare per scontato ciò che ha, a non guardare con riconoscenza ciò che è».

Don Cinello spiega nell’intervista che «negli anni ’80 del secolo scorso, don Luigi Giussani ha mandato ad Asuncion il bellunese don Aldo Trento; poi sono arrivati altri nostri confratelli. Attorno a questi sacerdoti è nata la parrocchia di San Rafael, dove vivo da 9 anni, e il carisma di don Aldo ha dato vita a tante opere sociali, del tutto gratuite per la popolazione, come una clinica per malati terminali, scuole di diverso grado, un’azienda agricola in cui trovano impiego malati di Aids non terminali, case per ragazze madri e un ricovero per anziani. Con il crescere impetuoso delle opere sociali, negli scorsi anni è stato necessario separarle dalla parrocchia, raggruppandole nella Fondazione San Rafael, gestita da un consiglio di amministrazione costituito da parrocchiani».

L’intervista completa si può leggere sulla Vita Cattolica del 1° gennaio 2025

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