
Commento al Vangelo del 20 aprile 2025,
Pasqua
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 20, 1-9
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Parola del Signore.
A cura di don Alex De Nardo
La Pasqua, da sempre, chiede di essere acuti osservatori per interpretare i segni che ci circondano. Così era per gli ebrei che nella Pasqua celebravano la primavera. Per gli agricoltori, sintonizzati sul ritmo delle stagioni, il plenilunio annunciava nuove semine e nuovi raccolti. Era l’ingresso in un tempo nuovo e anche le case venivano imbiancate con calce viva che ridava luce agli angoli anneriti dalla fuliggine dell’inverno. I pastori, invece, guardavano alla stessa luna, ma con la preoccupazione di far figliare il gregge. Sul verde tenero dell’erba, piccoli batuffoli bianchi, su zampe ancora incerte, cominciavano il loro cammino verso il futuro.
Così, mentre la luna disegnava nel cielo il confine di un nuovo ciclo vitale, sulla terra l’umanità leggeva la poesia della natura e si riorganizzava per preparare anch’essa un mutamento.
Anche il cielo dei nostri paesi si è illuminato al plenilunio di primavera. Ma se cielo e natura dialogheranno di nuovo insieme, mi chiedo: accadrà la stessa cosa sulla terra abitata dagli uomini?
A dire il vero, si fatica a intravedere i segni della primavera. Si scorge piuttosto una nebbia di pessimismo, generata da guerre e da decisioni economiche che potrebbero annunciare tempi non facili. Così gli orizzonti si sono fatti brevi e, anche se è primavera, rimangono tinti di grigio.
Pensandoci, però, rileggo questa situazione alla luce del Vangelo di Pasqua. Una donna sola, intimorita e piangente, si avvia verso una tomba portando gli unguenti per imbalsamare un morto. Tutt’attorno la natura parla di primavera, ma i suoi occhi non vedono che morte e desolante dolore. Eppure la risurrezione ha già cambiato la storia, solo che l’ha fatto con segni discreti, quasi nascosti, che chiedono di essere scoperti. Una pietra rotolata, una tomba vuota: ecco gli indizi che Maria di Magdala ha davanti agli occhi, ma che non riesce a decifrare. Allora corre, chiama Pietro e l’altro discepolo, quello amato. Trafelati entrano nella tomba e scorgono altri segni di quel fatto prodigioso: «le bende per terra e il sudario … piegato in un luogo a parte» (Gv 20, 6-7). Ma anche questo non basta, pure loro non capiscono ancora che quello non è più un luogo di morte, ma di vita.
La Pasqua ci chiede di affinare lo sguardo del cuore per non fare come i discepoli, per poter vedere in una tomba vuota non il segno di un furto, ma l’inizio di una vita nuova; ci chiede di interpretare quelle bende non come uno scherzo di cattivo gusto, ma come la testimonianza dell’amore che ha vinto.
La fede non è qualcosa di evidente, come non è evidente la presenza del Signore fra le pieghe della storia. Essa chiede la paziente costanza del cercatore di stelle, che scruta il cielo alla ricerca di un bagliore che, seppur flebile, possa coronare la fatica. La fede che ci consegna la Pasqua ci dice che dai segni dobbiamo risalire, con pazienza, al significato, risalire con fiducia alla luce nascosta dietro ogni evento. Ebbene, la natura attorno a noi dice che la terra è pronta a rifiorire dopo i rigori dell’inverno. Una tomba vuota, un sudario ripiegato, sono gli indizi che un principio di novità è stato immesso nella storia.
È Pasqua. La fede nel Risorto ci aiuti a riorientare i nostri sguardi e accorgerci che anche in una storia che pare segnata dalla morte, la vita nuova di Cristo è già all’opera e dà frutti.
don Alex De Nardo