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L'editoriale

Giovani e passione educativa

Ogni generazione è frutto del suo contesto, oltre che della personale eredità biologica. Quello che è ormai noto a tutti è il rapido cambio culturale e sociale in atto. Lo sappiamo, anche se con fatica ce ne rendiamo conto e continuiamo a sorprenderci ogni giorno del cambio di paradigma. In un mondo che cambia a ogni latitudine e longitudine, risultato di una “cultura” globalizzata e standardizzata, è possibile solo qualche accenno, qualche osservazione, qualche esperienza su quello che è il grande tema della educazione e formazione giovanile.

Non si dimentichi lo sforzo educativo delle parrocchie che offrono durante tutto l’anno attività ai bambini, ragazzi e contano sulla capacità di molti giovani di accompagnare nell’animazione quelli più piccoli. Così si impara facendo e ogni età trova dei modelli possibili in quella che la precede. Sempre abbiamo osservato quelli più grandi di noi e poter sentirsi utili e “piccoli educatori in erba” di quelli più piccoli ci ha stimolato a far parte di una comunità viva. La comunità cristiana, attraverso gli oratori parrocchiali, i centri di aggregazione, la partecipazione ai gruppi Scouts, il servizio nelle feste tradizionali paesane, cerca di attivare luoghi di incontro e servizio, per assaporare il piacere di stare con gli altri e al loro servizio. Nel “piccolo” sono trattati i grandi temi della giustizia, della pace, del rispetto e salvaguardia del creato, della partecipazione sociale e civile, della celebrazione della presenza di Dio nella vita, della gestione non violenta dei conflitti, del rispetto dei più fragili, del gioco come metafora della vita e della gratuità fondamentale del servizio.

Si incomincia sempre con gradualità e sentendoci parte viva ed essenziale del mondo. Lo scopo di ogni percorso educativo è quello che insegna ad alzare gli occhi da sé e dal proprio cellulare al volto di chi cammina accanto sulla stessa strada.
Appena rientrato dall’Argentina, per accompagnare l’inizio del servizio civile internazionale, osservo la distanza abissale tra le aspettative dei giovani che sono stati scelti e formati per questo servizio e la loro capacità di scendere i molti gradini delle proprie aspettative fino all’ultimo, al terreno della realtà. Anche i percorsi formativi tradizionali, peraltro ben strutturati, condotti in équipe, aperti all’intercultura, alla conoscenza delle dinamiche economiche dei Paesi del Sud del Mondo, alla condizione dei poveri e delle povertà, non è paragonabile a un anno di incontro con i poveri e la loro condizione di vita.

La formazione è concreta, la si sperimenta giornalmente, è fatta di esperienze, di continuità e di riflessioni su quanto vissuto. È la realtà l’unica verità che non tradisce mai e fino a quando non ci si mette alla prova non si comprende la nostra identità più profonda, con le sue potenzialità e fragilità, e il luogo concreto dove si edifica. L’esperienza del servizio condiviso e della gratuità ci riporta all’esperienza familiare. Ma anche questa si ritrova in seria difficoltà culturale, economica, sociale e civile. Ogni realtà offre quello che è, quello che vive. La nostra esperienza educativa ci assicura che il ritorno alla comunità è possibile, è arricchente, offre senso vitale di appartenenza, luogo concreto dove veniamo conosciuti per nome, dove si partecipa alla costruzione di una comunità in cui è sollecitato e atteso il nostro apporto personale. Non ci si sente a casa dove non si partecipa, dove si aspetta da noi solo di diventare consumatori decerebrati, dipendenti dagli ultimi ritrovati di apparati elettronici messi sul mercato a “obsolescenza programmata”.

La Caritas diocesana offre alcune opportunità, soprattutto rivolte ai giovani che, per la verità, non hanno un chiaro e costante riferimento ad una comunità religiosa e sociale. Lo fa attraverso l’offerta di un servizio civile, nazionale e internazionale. Attualmente ben quattro ragazzi hanno aderito a quello nazionale e dieci a quello internazionale. Quattro sono in Grecia, due in Etiopia, quattro in Argentina. Hanno partecipato ad un bando del Ministero dello sport e giovani (Dipartimento per le politiche dei giovani e il Servizio civile universale) e faranno servizio civile per un anno nei luoghi dove incontreranno i poveri e le povertà del Sud del Mondo. Siamo certi che questa “esperienza” farà da maestra autorevole nella loro vita e potranno aprire gli occhi del cuore e della mente oltre la realtà personale e locale e ridimensionare i propri bisogni reali e immaginari.
Accanto a questo Caritas offre, durante l’estate, a una 50ina di giovani l’esperienza di condivisione e servizio nelle realtà dove vengono accolti i poveri, dove si incontrano durante tutto l’anno i giovani in via Rivis 15, in quello spazio dove possono esprimere la propria creatività e dare senso al tempo libero. I luoghi del servizio e della formazione attiva sono: mensa “la Gracie di Diu”, Casetta a Colori, Emporio Pan&Gaban, Derrate/Magazzino, Book Crossing, laboratori multietnici, Centro di ascolto per marittimi a Porto Nogaro.
Quello che manca, forse, non sono le proposte fatte ai giovani, ma gli adulti che continuino a credere nel compito educativo e ad accompagnarli nel cammino di crescita in comunità. Vale sempre la massima di un grande educatore: “Se vuoi che i giovani facciano quello che tu ami, ama quello che piace ai giovani” (san Giovanni Bosco).
don Luigi Gloazzo
direttore Caritas Udine

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