Con tutto quanto sta succedendo nel mondo, il Giubileo 2025 è davvero “tempo di gioia”? È pungente, come sempre, la domanda che fa da titolo al prossimo appuntamento con i Mercoledì dell’Angelo, in programma mercoledì – e non può essere diversamente – 26 febbraio nella sala del chiostro del Santuario della Beata Vergine delle Grazie a Udine: un luogo giubilare per un appuntamento dal sapore altrettanto giubilare. Il secondo incontro del ciclo di serate proposte per i giovani del Vicariato urbano di Udine vedrà intervenire una persona che con i giovani ha a che fare da decine di anni. Sarà infatti padre Simone Tenuti, frate francescano conventuale, ad animare con il suo brio la serata giovanile in centro città. Di origine veronese ma “trapiantato” per missione ad Assisi, fra Tenuti da oltre dieci anni è responsabile della pastorale giovanile dei frati minori conventuali, assieme ai quali organizza ogni anno i percorsi di “Giovani verso Assisi” e i campi estivi all’ombra della Basilica di San Francesco. «La gioia del Giubileo?» scherza ai microfoni di Radio Spazio: «Spero che non sia solo Giubileo a essere una questione di gioia, altrimenti abbiamo qualche problemino!»

Padre Tenuti, invece parliamo proprio della gioia perché il titolo del “Mercoledì dell’Angelo” sarà «Giubileo 2025: ma è tempo di gioia?” Lo è davvero?
«Tutti i duemila anni di storia cristiana ci ricordano che la gioia non è solo relegata al Giubileo, ma è qualcosa di insito nel cristiano. O la gioia riguarda la vita oppure forse c’è realmente qualche problema. Il Giubileo è un periodo particolare, ma non è il solo tempo di gioia.»
L’Anno Santo si basa su pratiche e parole che non sempre sono significative per i giovani: la confessione, l’indulgenza, la Porta santa… come si possono “tradurre” questi elementi per farli assaporare ai più giovani?
«Dal mio punto di vista serve andare alla radice di questi elementi, alcuni simbolici, solo che (purtroppo) nella nostra società stiamo perdendo quella che è la dimensione simbolica. Però possiamo allenarci a riprenderla, a ritradurla, a rivederla».
Cosa intendiamo con “perdere la dimensione simbolica”?
«Faccio un esempio: se devo imparare a suonare uno strumento, devo cominciare a fare degli esercizi molto semplici, ripetitivi, apparentemente banali. Se li faccio, però, posso pian pianino imparare a suonare melodie più complesse. Devo iniziare a suonare uno spartito molto semplice per poi arrivare a suonarne uno molto complesso. Tornando alle pratiche della fede, la porta santa, il pellegrinaggio a piedi, la confessione sono piuttosto semplici da capire; l’indulgenza è una cosa a parte che va spiegata con calma… ma in realtà sono tutte cose molto, molto pratiche. Quindi si possono imparare facendo degli esercizi. Vanno bene per tutti, ma solo andando alla radice posso coglierne il valore, ossia lo spartito più complesso. Spero che pian pianino anche i giovani possano entrare in questo spartito, senza fermarsi a dire “questo non serve a niente”. No, almeno chiedersi “perché da molti secoli c’è questa pratica? Perché ci viene chiesto questo?” Almeno farci la domanda è un buon inizio.»

Il titolo del Giubileo è “Pellegrini di speranza”. E ad Assisi, dove vive da molti anni, di pellegrini ce ne sono sempre molti. Cosa cerca chi si mette in pellegrinaggio?
«Farei dei distinguo perché ci sono vari tipi di pellegrini. Pensando a chi effettivamente viaggia a piedi, è interessante notare le età, le nazionalità, le motivazioni. Per esempio, che viene ad Assisi peregrina quasi sempre per un motivo di fede. Altri fanno un pellegrinaggio per altri motivi, per esempio per scoprire se stessi, per cercare un senso, perché hanno bisogno di uno stacco dalla vita ordinaria, perché devono stare da soli, eccetera. E poi cambia molto se il pellegrinaggio è vissuto in gruppo oppure no: per esempio se c’è un gruppo di giovani che fa il pellegrinaggio ad Assisi, al 90% viene qui e vive un pellegrinaggio per davvero, con il gruppo parrocchiale o una diocesi, per nutrire il proprio cammino di fede».
In questi ultimi anni il suo servizio principale è stato far conoscere San Francesco ad adolescenti e giovani di tutta Italia. Vivendo, peraltro, proprio ad Assisi. Cosa “dice” San Francesco ai giovani del 2025?
«Una delle cose molto molto belle di Francesco è che chiunque, anche in epoche diverse, può identificarsi con Francesco. Quindi anche i ragazzi di oggi. Francesco ha una ricerca profonda di senso e di gioia. Quindi un giovane può effettivamente identificarsi con lui e vedere quali sono le strade che ha percorso, che potrebbero essere paragonabili alle proprie nonostante li sparino 800 anni di storia. Di gioia effettivamente c’è un bisogno, una sete enorme, perché è proprio insita nel cuore umano.»
Per concludere, tre parole che suggerirebbe ai giovani per vivere al meglio questo Anno Santo.
«Lascio da parte le parole chiave nel Giubileo, che sono la gioia e la speranza, ma per arrivare lì ci sono altre parole: desiderio, ricerca e cammino (anche fisico, dove si fa fatica). Questi secondo me sono tre termini che dovrebbero stamparsi nel cuore di ogni giovane per vivere, per imparare e cercare di vivere il Giubileo di quest’anno».
Giovanni Lesa