Abbonati subito per rimanere sempre aggiornato sulle ultime notizie
SportStorie

Giulia Rizzi: «Non è finita. Adesso sogno Los Angeles 2028»

Ha iniziato a praticare scherma a sei anni. Insieme al fratello Lorenzo. Grazie a mamma Paola che non ne poteva più delle liti tra i due figli, che finivano sempre in duelli tra spadaccini «con tutto quello che capitava a tiro: mestoli, posate, …». Così, d’accordo papà Lorenzo li ha iscritti in palestra. «Dove avremmo potuto sfogarci, senza farci male…». Sorride ricordando quei tempi la neo campionessa olimpica della spada a squadre Giulia Rizzi. Da allora di anni ne sono passati 29 e da quella pedana in cui era salita bambina, non è più scesa. Udinese, classe 1989, continua – a ragione – a sorridere. È tornata dalle Olimpiadi di Parigi con un meraviglioso oro al collo, conquistato in finale assieme all’altra friulana azzurra, Mara Navarria da Carlino (l’intervista nella pagina a fianco), e alle siciliane Rossella Fiamingo e Alberta Santuccio. Nel suo palmares c’era già una collezione di risultati importanti, tra i quali un oro e due argenti individuali in Coppa del Mondo e l’oro europeo a squadre.

Mamma ci aveva visto lungo…

«Eh sì. Ricordo che anche io e Lorenzo ci siamo appassionati alla scherma guardando in tv le Olimpiadi. Tutto poi è iniziato all’Asu Udine, dove mamma ci aveva iscritti…».

Giulia, dietro al suo titolo olimpico cosa c’è?

«Tantissimo lavoro, nel triennio e soprattutto in questo ultimo anno, perché i risultati non arrivano senza sacrificio. E poi ci sono anche svariati cambiamenti. Sono tornata in Italia da poco dopo aver vissuto per 6 anni proprio a Parigi, dove mi sono trasferita per allenarmi. Insomma, dietro all’oro ci sono un misto di emozioni e cambiamenti…».

Un ritorno nella capitale francese di quelli che non si dimenticano…

«Sembra proprio una coincidenza: sono venuta via da Parigi per poi ritornarci a gareggiare, tornando a casa, nella mia Udine, con una medaglia d’oro al collo. È un’emozione impagabile, anche perché cambiare vita, andare all’estero per allenarsi non sempre è facile. Anzi, posso dire che è stata una delle sfide sportive più difficili della mia vita. Non sei nel tuo Paese, devi scegliere maestro, preparatore atletico, fisioterapista: sono tutti cambiamenti che comunque sono difficili da gestire. Però poi sono ritornata alla base e i risultati si sono visti. Insomma, ne valeva la pena»…

L’intervista integrale, a firma di Monika Pascolo, si può leggere nel numero del 7 agosto 2024 de “la Vita Cattolica”.

Articoli correlati