Dal Vangelo secondo Marco Mc 10, 35-45
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
Parola del Signore.
Commento al Vangelo del 13 ottobre 2024,
XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
A cura di don Alex De Nardo
Gesù sta salendo a Gerusalemme e, durante il viaggio, per ben tre volte ne spiega il motivo: sarà catturato, ucciso e poi risorgerà (Mc 10, 33-34). Ma prima di salire alla Città Santa, il Maestro scende verso il punto più basso della terra, a Gerico, dove lo troveremo domenica prossima. Non un dettaglio marginale, questo, perché spiega il senso di ciò che sta per accadere: non una discesa solo fisica, ma la preparazione ad un abbassamento totale di sé nel dono della vita.
In questo scenario, Giacomo e Giovanni, con una arroganza che ci lascia senza parole, vanno da Gesù non per chiedere, ma per imporre un loro desiderio; Gesù sta al loro gioco, accetta la provocazione ben sapendo dove sarebbe andato a finire il discorso.
«Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla destra e uno alla sinistra» (v. 37). Non potevano non aver capito che il loro maestro sarebbe passato attraverso l’umiliazione e la morte; eppure loro pensano già a cosa accadrà dopo. L’insensatezza raggiunge il culmine. I loro sogni di gloria non si arrestano nemmeno di fronte alla prospettiva della morte data ormai per scontata. Essi ricordano che, dopo il primo annuncio della passione, Gesù aveva parlato del giorno in cui sarebbe venuto nella gloria del Padre (Mc 8, 38). Ma di tutto il discorso hanno memorizzato solo la parola “gloria”. Questo rivela quanto sia radicata nel nostro cuore la brama di potere.
Non migliore è la figura che fanno gli altri dieci. Si indignano, ma non perché riconoscono l’assurdità della richiesta; sono arrabbiati perché sono stati battuti sul tempo su una domanda che tutti avevano in cuore di fare prima o poi.
Gesù si trova di fronte all’ennesima, immensa, incomprensione dei suoi. Eppure, ancora una volta, lascia da parte l’amarezza e cerca di ricondurre i discepoli sulla sua stessa strada, li chiama a sé e consegna loro le coordinate per non perdere la rotta anche quando lui se ne sarà andato. Li invita a guardare alla loro esperienza. Conoscono i capi delle nazioni che dominano e opprimono la gente; conoscono anche i capi religiosi che esercitano il potere nello stesso modo, dando ordini, pretendendo privilegi e venerazione. «Tra voi, però, non è così» (v. 43) perché nessuna di queste autorità va presa d’esempio. L’unico modo di stare nella comunità è quello dello schiavo, colui che occupa il livello più basso della società.
Una delle lezioni più difficili e inascoltate di Gesù. E sappiamo con quanta scaltrezza cerchiamo di chiamarcene fuori; in fondo risolviamo la faccenda attribuendo queste parole a dinamiche ben più alte di noi: il papa, i vescovi, i preti… loro si devono vergognare se tradiscono l’insegnamento del Signore con il loro stile di vita.
Ma Gesù sta parlando a tutti, e questo ci fa capire che lo “scarica barile” è un’infida tentazione per fuggire dalle esigenti richieste del Vangelo. Se siamo davvero onesti, sappiamo che in tutti i settori della nostra vita (famiglia, lavoro, parrocchia, impegno sociale…), esiste il pericolo di ritagliarsi spazi di potere che difendiamo con le unghie e con i denti perché, in fondo, abbiamo paura di essere dimenticati e di non valere niente.
L’unico modo per accogliere l’esigente richiesta di Gesù è quello di vivere con amore il nostro legame con lui. Perché, se non c’è quell’amore, ogni richiesta di abbassarci, di farci umili e piccoli, risulterà sempre assurda e impraticabile, come assurda e impraticabile appare alle orecchie del mondo che ci circonda, dove si fa l’opposto.
don Alex De Nardo