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Il Patriarca Moraglia ai catechisti: evangelizzare richiede grande empatia col tempo presente

“L’impegno dell’evangelizzazione e della catechesi richiede oggi una grande empatia col tempo presente; conoscere la nostra cultura, non giudicarla, ma guardarla con quello sguardo che nasce dal Vangelo. Questo che cosa richiede oggi? Di conoscere bene il contesto sociale e culturale del nostro tempo – in continuo e tumultuoso cambiamento – e di sapervi incidere con sapienza evangelica e intelligenza umana in una continua opera di discernimento per riuscire a creare vero incontro, dialogo e relazione. Quello che non si ottiene col giudizio, si ottiene camminando molte volte insieme con gli altri”. Lo ha detto il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, in Basilica di Aquileia, celebrando la messa a conclusione del Convegno regionale della catechesi con più di 800 catechisti provenienti dalle 15 diocesi del Nordest. Erano presenti anche numerosi vescovi. Si è pregato e cantato in italiano, friulano, tedesco e sloveno.

“Aquileia è la Chiesa madre delle nostre terre – ha sottolineato il Patriarca -. Come l’antica tradizione ci ricorda, qui è sbarcato Marco, qui si è diffuso il Vangelo di Cristo. La grandezza della Chiesa di Aquileia rimane ancora viva perché le nostre 15 Chiese sorelle parlano quattro lingue. Nella nostra Conferenza episcopale si parla l’italiano, lo sloveno, il tedesco, il friulano”.

Affrontando i temi del Convegno catechistico che in più tappe ha attraversato l’anno pastorale, il Patriarca ha sottolineato che “oggi, in un contesto di ampia secolarizzazione, dobbiamo guardarci da una visione che riduce il cristianesimo a scelte etiche e a comportamenti morali, personali, che, fra l’altro, non abbiamo neppure la forza di compiere. Il Battesimo è incompatibile con una visione “individualista”: dire sì a Cristo, vuol dire sì ai fratelli. La Chiesa è vita battesimale”.

Moraglia ha poi sottolineato che “è essenziale, oggi più che mai, la vita ecclesiale di iniziazione alla fede, ma la vita cristiana non è solo iniziazione alla conoscenza della fede; è anche celebrazione del sacramento e vita di carità. Non si diventa cristiani conoscendo qualcosa, ma ricevendo un dono e si scende nell’acqua come segno d’immersione nella morte di Cristo per morire a noi e rinascere in Lui”.
Francesco Dal Mas

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